Dans la nuit – Charles Vanel (1930)

danslanuit1930Considerato l’ultimo film muto francese ad essere uscito nelle sale (e ora parte la ricerca degli ultimi degli altri paesi!), Dans la nuit ha avuto l’onore di essere proiettato in Piazza Maggiore a Bologna durante il Cinema Ritrovato 2022. Trovare un film di così basso profilo in una serata in piazza è difficile, ma allo stesso tempo molto stimolante anche vista la scelta di affidare la sonorizzazione alla band finlandese Cleaning Women che hanno utilizzato (senza CW01) delle sonorità elettroniche cupe e ridondanti. Ma cos’è che rende questo film meritevole di essere riscoperto? Come immaginerete un’uscita così tardiva nelle sale, il 1930, ne sancì l’insuccesso. Ormai le persone cercavano il sonoro e il film non riuscì a sfondare. Incredibile pensare che questo sia per altro l’unico film alla regia di un attore estremamente longevo e dotato come Charles Vanel. Prima di scoprire insieme come se la sarà cavata andiamo a descrivere brevemente la trama del film:

La routine in miniera è rotta dal matrimonio tra un minatore (Charles Vanel) e una ragazza (Sandra Milowanoff). Si mangia e si beve per poi andare in città a divertirsi prima di poter finalmente giungere a casa per vivere l’intimità di una giornata così speciale. I giorni passano e torna anche la consuetudine del lavoro alleggerita però da un amore sempre più forte che la rende meno pesante. Un giorno un dramma: per un errore viene fatta partire un’esplosione quando alcuni minatori sono ancora nei pressi dell’area e a farne le spese è proprio l’uomo il cui volto viene orrendamente deturpato. Per coprirlo ecco apparire una maschera che nasconde il dolore e la sofferenza dello sfregio. La felicità presto svanisce, l’uomo decide di lavorare solo di notte e quando non lavora dorme. La moglie inizia a cercare le attenzioni di altri e una notte entra in casa un giovane che le propone una fuga per ritrovare la felicità perduta. Ironia della sorte il marito si è sentito poco bene durante il tragitto verso il lavoro e decide di tornare a casa. Poco prima del suo ingresso l’amante aveva indossato la maschera del marito e ci ritroviamo dunque di fronte a due uomini all’apparenza uguali che lottano furiosamente uno con l’altro. Ad avere la peggio è il marito che si accascia ferito a terra. Vediamo chiaramente il volto dell’amante uscire dalla maschera e la moglie schizzare fuori dall’appartamento alla ricerca di acqua dalla fontana per cercare di far sparire le macchie di sangue. Quando torna trova l’uomo con in spalle il cadavere deciso a sbarazzarsene portandolo nella cava. Stremato dalla fatica torna dunque a casa della donna e si stende sul tavolo. Ecco arrivare però dei poliziotti, forse incuriositi dal viavai e dai rumori. La moglie cerca febbrilmente di svegliare l’amante per farlo andare via. L’uomo alza dunque la testa e si toglie la maschera rivelando l’inaspettato: ad essere morto è l’amante e non il marito! Ripresosi dal primo colpo, infatti, nonostante il sangue perso, il marito era riuscito a colpire mortalmente il rivale uccidendolo. La moglie urla terrorizzata! Ulteriore plot twist, questa volta molto meno coraggioso: si è trattato solo di un sogno! Siamo ancora la mattina dopo le nozze, l’amore è ancora forte e la routine di lavoro può ricominciare.

Protagonista della vicenda è la miniera, un omaggio che Vanel, anche sceneggiatore, ha voluto fare al padre. La miniera non si cura delle vicende umane e prosegue la sua frenetica vita nonostante tutto, nonostante i matrimoni, nonostante le tragedie umane. Eppure è anche un rifugio per un uomo sfregiato che può trovare in essa, pur se solo di notte, un accenno di normalità. La miniera è il punto di partenza, quasi documentaristico, con cui il regista decide di introdurre le vicende dei due protagonisti ed è proprio la rottura della routine a dare il via a tutto mentre la conclusione, con l’uomo che torna in miniera, rappresenta la chiusura di questa breve rottura per andare verso una ripresa della consuetudine. La maturità con cui Vanel usa la macchina da presa è impressionante e ritroviamo tanta voglia di sperimentare e riprendere autori cardine del cinema francese come René Clair, ma allo stesso tempo tenendo un approccio, come detto, quasi documentaristico e a tratti naturalistico. La vicenda è quasi fantascientifica e prende probabilmente ispirazione dalle maschere metalliche che venivano prodotte per coloro che in guerra avevano avuto gravi mutilazioni al volto. Si tratta di un argomento molto interessante e misconosciuto che potete approfondire qui o qui, dove si parla principalmente del lavoro di Anna Coleman Watts, che operò proprio in Francia a Parigi.

L’ho detto, Dans la nuit non è un film coraggioso fino in fondo, perché presenta una trama accattivante che non viene però portata avanti fino in fondo. La ricerca dei colpi di scena è lodevole ma la scelta di riportare tutto al sogno, ormai largamente abusato, ha un impatto negativo. Vero è che, in alcuni sviluppi eccessivamente estemporanei, presenta degli elementi giustificabili con l’onirico, però al tempo stesso tutto era anche ampiamente giustificabile dalla sospensione di incredulità. Il film presenta inoltre tanti elementi che portano lo spettatore ad essere sviato e per questo sono molto interessanti. Come esempio riporto il momento dell’arrivo del circo in città che, se da una parte sembra portare lo spettatore verso un preludio di un possibile inserimento dell’elemento circense o freak, si rivela in realtà solo il modo in cui la moglie riesce a farsi vedere dagli uomini presenti in piazza che iniziano a puntare le loro attenzioni su di lei. Le didascalie sono molto poche ed inserite in maniera creativa all’interno delle immagini che continuano ad andare avanti.

Vanel sceglie di dare corpo alle emozioni dei personaggi usando inquadrature molto ravvicinate e questa scelta è ancora più forte di fronte all’indecifrabile e triste espressione del marito quando indossa la maschera. Sandra Milowanoff si trova perfettamente a suo agio nella recitazione e crea una splendida armonia con Vanel, con il quale aveva già girato diversi film negli anni precedenti. A costo di ripetermi pare incredibile che questo sia il primo e unico film come regista di Charles Vanel perché, al di là delle problematiche che possono esserci, mostra una grande maturità nel costruire un racconto strutturato e ricco di tensione con una cura fotografica non indifferente. Cosa avrebbe potuto fare se non si fosse lasciato scoraggiare dall’insuccesso? Difficile dirlo, quel che è certo è che, anche solo per motivi iconografici, il film andrebbe recuperato!

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