Raja Harishchandra (राजा हरिश्चन्द्र) – Dadasaheb Phalke (1913)

Raja-HarishchandraOrmai E Muto Fu è diventato il tempio del cinema muto indiano ed è con estremo fascino che ogni volta mi approccio a quanto di poco ci è rimasto della filmografia di questo grande e affascinante paese. Da appassionato di religioni cerco inoltre di volta in volta di scoprire nuove vicende che ignoravo e che meritano invece di essere scoperte e conosciute. Questo film ha inoltre una particolarità, è considerato il primo film indiano ed ha una storia veramente appassionante! Prima di tutto c’è una discussione riguardo il primato di questo film visto che un altro film Shree Pundalik di Dadasaheb Torne, venne proiettato nel 1912 a Mumbai, un anno prima di Raja Harishchandra ma, come immaginate, il film è purtroppo perduto (almeno che io sappia). Le difficoltà per girare il film furono veramente tante: per prima cosa in India era taboo lavorare nei film, quindi venne comunicato alle persone che lavoravano di dire che lavoravano a una presunta fabbrica Harishchandra (se ne parla nel film Harishchandrachi Factory del 2008). Le persone impegnate nel film furono circa 500 e trovare donne fu veramente difficile, si chiese anche a delle nautch ma nessuna voleva partecipare e vennero quindi utilizzati uomini per fare anche i ruoli femminili. Nel ruolo di protagonista venne quindi scelto Anna Salunke, che si specializzò poi nell’interpretare donne nei film indiani (es. Seeta e Rama in Lanka Dahan). Per dare da mangiare a questa sterminata troupe venne in aiuto la povera moglie di Phalke che da sola si occupò del vitto e della pulizia dei costumi. Insomma una storia incredibile per un film che ha sicuramente lasciato il segno nell’immaginario dell’epoca.

La storia è la seguente: Il re Harishchandra (Dattatraya Damodar Dabke) interrompe, senza volerlo, un yajna del saggio Vishvamitra (Gajanan Vasudev Sane) e gli cede dunque il regno. Torna dunque dalla moglie Taramati (Anna Salunke) e il figlio Rohitashva (Bhalchandra Phalke) per andare in esilio e fare un Dakṣiṇa per il saggio. Durante il viaggio il bambino muore e Taramati si reca dal Re Dom per chiedere la cremazione. Qui viene ingiustamente accusata dell’omicidio del principe Kashi e condannata a morte. L’esecuzione, decapitazione, dovrà essere effettuata proprio dal marito Harishchandra. Quando sta per compiere il gesto ecco apparire Shiva che salva la donna e resuscita Rohitashva.

Non sono un esperto di fonti per quanto riguarda questi argomenti, ma nella Aitareya Brahamana sembrerebbe che la storia sia un pochino diversa: Harishchandra avrebbe avuto 100 mogli ma nessun figlio quindi avrebbe pregato Varuna per avere un figlio. In cambio di questo avrebbe dovuto sacrificare… proprio il figlio Rohitashva. Cerca in tutti i modi di rimandare l’inevitabile finché il bambino non diventa adulto e rifiuta di essere sacrificato fuggendo nella foresta. Harishchandra viene dunque punito con una malattia allo stomaco. Il saggio Sunahshepa chiede di sacrificarsi lui al posto del giovane ma viene poi salvato dalla divinità e, infine, adottato dal saggio  Vishvamitra.

Nella Markandeya Purana la vicenda è più simile al film perché ritroviamo Harishchandra, Re di Treta Yuga, marito di Taramati con un figlio di nome Rohitashva. Un giorno Vighnaraja cerca di disturbare lo tapasya del saggio Vishwamitra ed il corpo del re viene dunque posseduto temporaneamente. Tornato in sé, Harishchandra è mortificato e, per farsi perdonare, è costretto a dare tutto quello che aveva al saggio tranne la moglie e il figlio. Oltre a questo proette di fare un’altra donazione un mese dopo. Il re lascia quindi il paese per poi tornare passato il tempo previsto. Vishwamitra esige dunque la sua donazione e Harishchandra è costretto, su suggerimento della moglie stessa, a vendere sua moglie e il figlio per denaro. Purtroppo non basta e il re è costretto a vendersi a sua volta e farsi schiavo proprio del saggio. Inizia a lavorare alle cremazioni e un giorno vede comparire la moglie con il figlioletto morto. Arrivano dunque tutte le divinità del Dharma che invitano Harishchandra in paradiso. L’uomo rifiuta e chiede che anche le persone che hanno sofferto la sua partenza dal regno possano condividere con lui i meriti possano andare in paradiso. Indra propone di far andare queste persone in paradiso per un solo giorno e così Harishchandra e i suoi cari ascendono in paradiso. Vishwamitra, infatti, stava solamente testando il re e con il suo operato ha dunque aiutato a raggiungere il paradiso.

Passiamo finalmente al film. Come immaginerete, si tratta di un’opera dei primi anni ’10 di un’area periferica fatta da non professionisti, pertanto è molto arretrato nella composizione delle scene e nella recitazione. Al contempo non manca comunque una cura generale. Non ho sinceramente molto da aggiungere perché a mio avviso è la narrazione ad avere un ruolo importante mentre a livello visivo il film deve molto al cinema europeo.

Siete curiosi e volete recuperare il film? Potete trovarlo su wikipedia cliccando qui, ma fate attenzione perché il file è interpolato con altre opere di Phalke.

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