Maciste Alpino – Luigi Romano Borgnetto, Luigi Maggi (1916)

Maciste_AlpinoIl 24 Maggio del 1915 l’Italia entrava in guerra contro le prima alleate Germania e Impero Austro-Ungarico iniziando così un duro conflitto che sarebbe terminato solo tre anni più tardi. La produzione cinematografica rallenta ma non si ferma ed ecco che la Itala Film decide di sfruttare il fascino e il successo di Maciste, Bartolomeo Pagano, per fare un film che potesse unire spirito patriottico e una certa dose di buon umore e ironia come da tradizione. I film di questo tipo non erano certo pochi nel panorama mondiale, ma qui si cerca in qualche modo di dare un messaggio di speranza agli spettatori perché Maciste si mescola al corpo alpino e sbaraglia nemici su nemici. Andiamo rapidamente alla trama:

Maciste (Bartolomeo Pagano) e la sua troupe stanno girando un film in un paesino al confine tra l’Italia e l’Austria. Purtroppo si trovano nel luogo sbagliato al momento sbagliato e il 22 Maggior 1915, due giorni prima della dichiarazione di guerra ufficiale, vengono catturati dalle truppe austriache. Iniziano una lunga marcia, insieme a tanti italiani, verso i campi di concentramento ma la pazienza non è certo una delle virtù del forzuto eroe. Grazie a uno stratagemma, Maciste riesce a imbavagliare i due tedeschi che li tengono d’occhio per la notte e organizza una lunga fuga che si interrompe al Castello di Pratolungo. Qui ci sono il Conte (Enrico Gemelli) e sua figlia Giulietta (Valentina Frascaroli) assieme al fidanzato, il Tenente Lanfranchi, che ha deciso di partire per combattere al fianco degli italiani. Così mentre Maciste crea un diversivo, i tre guidano gli italiani verso la loro patria. Come ringraziamento, il povero conte viene catturato mentre Maciste, liberatosi dei suoi nemici, si arruola negli alpini. Qui viene a sapere da uno dei soldati che ha malmenato, Fritz Pluffer (Fido Schirru) la sorte del conte. Dopo una serie di peripezie il nostro amato Maciste, assieme ai prodi alpini, sconfiggeranno le truppe austriache liberando il conte e la povera Giulietta. Nel finale quest’ultima bacerà il suo amato Lanfranchi mentre, ferito, è portato in spalla da Maciste che festeggia bevendo un fiasco di vino.

La guerra avanza da un anno e tanti sono i sacrifici degli italiani che vedono le risorse diminuire e i cari morire al fronte. Eppure Maciste ride e si diverte mentre compie le sue imprese e mostra la sua grande virilità. Sulle montagne innevate eccolo lavarsi con la neve, quando ha fame è pronto a fare tiri mancini ai tedeschi per rubacchiare qualcosa (nella gif vedete una delle frasi cardine quando viene arrestato “voi arrestate me, io arresto l’arrosto!”). Però quando c’è poi da fare imprese ardite, la burla cessa e il gigante si lancia in prima fila schivando proiettili e armi bianche. Il motteggio è sempre presente e Maciste ha sempre una risposta pronta per ogni avversario. Leggere le didascalie è sempre una sorpresa e l’attesa è generalmente ripagata da una frase ad effetto o le immancabili “botte da orbi”. Molto evocative, del resto, anche le locandine estere (qui e qui).

Rispetto al capitolo precedente, troviamo molte inquadrature incredibili ed evocative, oltre che effetti speciali a cura del mitico Segundo de Chomón, che riesce con giochi di profondità a far credere pericolose cose che in realtà non lo sono, non vi è però quella mobilità che abbiamo imparato ad apprezzare. Solo all’ingresso del Castello di Pratolungo ritroviamo una carrellata quasi abbozzata, per il resto la macchina da presa resta ben salda sul suo supporto.

La scelta di fare questo film è stata sicuramente complessa ma ha uno scopo dichiaratamente propagandistico e di omaggio a chi sta soffrendo. Nella prima didascalia si legge infatti “ai popoli generosi, ai figli della civiltà che combattono contro la barbarie tedesca quale omaggio questa rievocazione“. Vista la scelta di inserire la storia di Maciste nella contemporaneità, così come accaduto nel Maciste del 915, il film non può che aprirsi nuovamente con un momento di meta-cinema e con le riprese di un nuovo film che non vedrà mai la luce. Macchine da presa, regista e attori sono dunque pronti a incantare il pubblico che si riunisce intorno a loro per capire cosa sta succedendo. Anche la scelta di parlare dei campi di concentramento per prigionieri italiani non era certo facile, ma gli autori lo fanno con estrema leggerezza e forse sfrontatezza, cercando forse in questo modo di consolare i familiari di coloro che si trovavano in quella situazione.

Maciste Alpino, così come gli altri film della serie, spicca per questa sua capacità di far sorridere mantenendosi sempre su una linea sottile che tra il trash e il non prendersi troppo sul serio. Vedere Maciste all’opera è divertente e non stufa mai perché la curiosità di sapere in che modo si supererà nuovamente il limite non è mai doma.

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