Quello che resta. Cronaca semiseria di fatti realmente svoltisi al Cinema Ritrovato 2018.

Con la mia tazza di caffè freddo mattutino in mano, il ventilatore acceso al massimo e i capelli raccolti in una crocchia disordinata, mi siedo davanti al computer per aprire un nuovo file word e scrivere il resoconto dei film che ho visto il giorno prima. Oggi non va così perché il Cinema Ritrovato (muto) è finito due giorni fa e il mio ultimo pezzo su Cinefilia Ritrovata è stato pubblicato ieri. La costante abitudine di vedermi tre muti al giorno, scrivere nelle (poche) pause tra una proiezione e l’altra al tavolo riservato a noi redattori in biblioteca Renzo Renzi, sembra essersi fermata improvvisamente. Duemilacinquecento-tremila battute a recensione, il programma cartaceo sotto mano per copiare con precisione nomi stranieri e anni di produzione, concentrazione che andava e veniva, bottigliette d’acqua tiepida scolate in pochi minuti. Alla fine, quelle duemilacinquecento-tremila battute sono state moltiplicate per dodici, il numero totale di recensioni pubblicate su Cinefilia Ritrovata.

Credo sia giunto il momento di lasciarmi finalmente andare e buttare fuori senza trattenermi quello che mi è rimasto di questo CR, tra dietro le quinte e attimi esilaranti.

Porterò sempre nel cuore, ad esempio, Shiraz. A Romance of India (1928), un film molto

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La tizia indiana e assassina di cui ancora non ho capito il ruolo nelle vicende di “Shiraz”.

interessante che ha potuto offrirmi uno sguardo inedito verso il cinema muto orientale. Davvero molto bello, peccato che quel pomeriggio del 24 giugno sono stata colta da violenti colpi di sonno dopo venti minuti dall’inizio del film, me ne sono persa una buona mezz’ora, essendo caduta in preda di un fastidiosissimo dormiveglia. Tuttora non ho la più pallida idea del perché una tizia indiana uccida un’altra tizia indiana mettendole del veleno in un bicchiere d’acqua.

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Eduardo Notari, ‘uaglione ‘e core.

Ricorderò con molto affetto il faccino triste e malinconico di Eduardo “Gennariello” Notari, attore e presenza più che fissa nei film della madre Elvira. Il ‘uaglione ‘e core coi capelli alla Andrea Lucchetta, ma ricci e scuri, che avrà avuto più o meno la mia età nei tre film del ’22 diretti dalla madre (gli unici sopravvissuti della regista partenopea), cerca sempre di fare in modo che la catastrofe non si compia (invano), soffre come un cane, muoiono tutti e lui continua a condurre la sua esistenza in un costante mainagioia. Personaggio perennemente tormentato e per questo degno eroe nazionale del Cinema Ritrovato 2018.

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Lyda Borelli e le sue mani.

Le perle di sceneggiatura di alcuni muti, soprattutto napoletani, non smetteranno mai di sorprendermi. Come il bellissimo scambio di battute in E’ Piccirella (1922) tra Tore, ferito e percosso a sangue per amore di Margaretella, e Gennariello, giunto tempestivamente in soccorso, che sostanzialmente fa: “Resisti Tore, mamma sta morendo, devi andare a salutarla”. Della serie “Per l’onore di mamma aspetta ancora qualche ora, poi per me puoi anche morire dissanguato”. Ok.

O i primi film d’animazione Disney con Oswald il coniglio, talmente strampalati che mi hanno spinta a confermare la mia convinzione che zio Walt assumesse qualcosa di non molto leggero. In confronto, Entr’acte (1924) di René Clair, più che un film dadaista, è una screwball comedy, per dire.

Il tremendo misunderstanding dell’ultimo giorno, in cui sia io che Yann eravamo convinti di stare per vedere Santarellina (1923) di Eugenio Perego con la nostra amatissima Leda Gys. Trepidanti e sereni ci sediamo in sala. “Ma quella non è Leda Gys” mi sussurra dopo qualche minuto Yann. “Eh, direi di no” ribadisco io. Ed effettivamente anche i movimenti di macchina erano un po’ troppo statici per essere una produzione dei primi anni Venti. Riguardiamo bene il programma: è il Santarellina di Mario Caserini del 1913. Yann si abbiocca, io decido di aggiornare i post sull’ account instagram di E Muto Fu e chiudere ogni tanto gli occhi per riposarli. Di una noia mortale, ricordo solo la presenza di un uomo e una donna che parlano separati da un paravento. Fine.

La bambola in The Jealous Doll, or, The Frustrated Elopement (Percy Stow, 1909), che dichiaro miglior personaggio horror del Cinema Ritrovato. Girato in stop motion, il film parla di una bambola che prende vita e si ingelosisce della sua padroncina che l’ha abbandonata momentaneamente. In sostanza la stalkera, tanto da infilarsi a testa in giù tra la ruota e il parafango di un’automobile per raggiungerla nell’hotel dove sta facendo colazione con il suo amichetto di giochi. L’ansia.

E ancora l’ipnosi provocata dal movimento delle mani di Lyda Borelli in Carnevalesca (1918). Altro che “espressività facciale intensa e studiata” e decadentismo, sono le sue mani il vero fulcro del dramma: non so se si possa definire “umano” il fatto che la Borelli le avesse tanto snodabili e flessibili. Fateci caso, la prossima volta che guardate Carnevalesca e vedrete che non sono io che sono pazza.

Il libriccino del 1909 trovato alla Mostra Mercato dell’editoria cinematografica in biblioteca Renzo Renzi che spiega come usare un Cinematografo, la monografia su Za la Mort di Martinelli comprata dopo mesi di indecisione, gli autobus che non passavano e che mi hanno fatta arrivare al pelo di ogni proiezione, le proiezioni a carbone in piazzetta Pasolini, Rosita (1923) di Lubitsch in Piazza Maggiore, le pizzette del forno Brisa e i pranzi al Centro (o meglio, Circolo) Costa e davvero molto altro.

Questi sono i fatti (alcuni purtroppo) realmente accaduti al Cinema Ritrovato 2018. Potrei aggiungere tantissimi altri aneddoti, molti dei quali di poco conto. Mi sembra

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Quello che resta.

doveroso, però, dover ringraziare chi ha fatto in modo che tutto questo accadesse: Roy Menarini, curatore della squadra di Cinefilia Ritrovata, lo staff del CR costituito da centinaia di persone che hanno lavorato costantemente otto giorni su otto, i lettori che sono venuti a trovarci e Yann, che mi ha accolta con fiducia a gennaio su E Muto Fu (un “grazie”
non sarà mai abbastanza) e compagno di questa folle avventura. Grazie, infine, a chi mi ha letta e ha capito il mio lavoro. Buon cinema muto a chi continuerà a leggerci.

 

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