Il caro vecchio E Muto Fu è fatto di tante contraddizioni ed eccentricità. Abbiamo quasi tutta la produzione cinematografica ceca recensita ma neanche un film di Chaplin e cerchiamo sempre di scovare filmografie periferiche e nascoste tralasciando tantissimi grandi classici. Da tempo immemore, ormai, mi ripromettevo di visionare e recensire il cardine della produzione muta boliviana, l’ormai per me mitico Wara Wara, ma aspettavo il momento propizio. La quarantena forzata è stata la molla per spingermi a vederlo con la compagnia virtuale di Danilo Magno con cui sto condividendo tantissime visioni interessanti in questo periodo. Che dire di questo film? Prima di tutto un nome: José María Velasco Maidana un artista davvero poliedrico che con la sua passione ha messo su un film che sicuramente non lascia indifferenti. Compositore, pittore, ballerino, direttore d’orchestra e regista. A ulteriore dimostrazione della sua versatilità in Wara Wara non solo dirige dirige ma recita e cura la musica, la produzione e in parte anche fotografia e sceneggiatura, quest’ultima basata su “la voz de la quena” opera teatrale di Antonio Diaz Villamil. Ma fare tante cose non vuol dire per forza saperle fare bene e le conclusioni le trarremo a breve, andiamo prima a riassumere brevemente la trama:
Il film riprende un po’ le tematiche stile Pocahontas: siamo intorno al 1530 quando l’ultimo sovrano Inca Atahualpa viene catturato dai conquistadores. Le comunità locali cercano di raccogliere l’oro necessario per riscattare il loro sovrano ma i conquistadores mostrano tutta la loro malvagità uccidendo anzitempo il sovrano e massacrando i locali. A farne le spese sono anche i famigliari della principessa Wara Wara (Juanita Taillansier), unica che riesce a sopravvivere nella città di Hatun Colla grazie all’aiuto dello stregone Arawicu (Damaso Delgado) e del sommo sacerdote Huillac Huma (Arturo Borda). Passa un anno durante il quale i locali cercano di riorganizzandosi attorno alla principessa vivendo come possibile. Il giorno della cerimonia dedicata a Inti Raymi, Wara Wara viene intercettata da un gruppo di conquistadores che cercano di violentarla. Interviene in difesa della ragazza il capitano Tristan de la Vega Florida (José María Velasco Maidana) che viene però ferito gravemente. La principessa riesce a farlo portare nella sua dimora e durante la convalescenza di quest’ultimo i due si innamorano. La loro unione non sembra però destinata a durare: Wara Wara non vuole sposare un uomo che rappresenta la distruzione della sua genia e Tristan deve far ritorno dalla sua gente. I due si allontanano e, sulla via del ritorno, il giovane incontra il suo aiutante Barbolin Gordillo (Emmo Reyes) che si offre di portare la ragazza da lui (rapendola, ma sono dettagli). Mentre Tristan e Wara Wara stanno parlando affettuosamente, vengono scoperti dagli Inca che li portano davanti al sommo sacerdote. Il conquistadores non era infatti stato ucciso perché la Principessa aveva fatto promettere ai suoi di non torcergli un capello finché non fosse guarito: sciolta la promessa i suoi si erano fatti avanti e avevano catturato lei come traditrice in quanto in combutta con il nemico. I due vengono gettati in una fossa senza cibo e acqua ma vengono salvati da Arawicu. Nel finale i conquistadores, guidati da Tristan, uccidono tutti gli Inca rimasti e i due giovani coronano il loro sogno d’amore.
Il finale mi ha lasciato molto perplesso perché fino a quel momento sembrava un film “pro-nativi” che denunciava le nefandezze dei conquistadores, che colpiscono a tradimento, trucidano senza motivo, stuprano e così via, e invece poi sembra che l’uccisione finale degli Inca rimasti in vita non sia solo l’unica possibilità percorribile ma addirittura la cosa giusta. I personaggi del film, primo tra tutti proprio Wara Wara, sono totalmente privi di spessore e purtroppo non lasciano il segno nel corso della visione. Quello che colpisce però, è l’estrema cura nell’immagine, specie in quelle esterne con riprese fatte al tramonto davvero molto evocative. C’è anche una particolare attenzione ai primi piani per tutto il film che mostra una cura per la composizione e un’attenzione al dettaglio che non mi sarei mai aspettato in un film sud americano. Questo è però forse l’unico elemento positivo di tutto il film. José María Velasco Maidana era probabilmente un cinefilo onnivoro e ha provato a mettere dentro al film tutto quello che gli piaceva: si passa da elementi tipici dell’espressionismo tedesco, a corse in stile slapstick totalmente prive di logica quando entra in scena Barbolin Gordillo, abbiamo scene tipiche dei western con inseguimenti a cavallo a guasconate in stile Fairbanks.
Ho selezionato, nelle immagini, alcune delle caratteristiche principali del film come i primi piani, le “inquadrature paesaggistiche” e le scene di massa tra western e I Tre Moschettieri (sotto) in modo tale da darvi un’idea di quello che intendevo.
Per dirla alla romagnola, Wara Wara è un paciugo davvero buffo ma indigesto che crea uno spaesamento nello spettatore che si ritrova a dover gestire generi diversi in contrasto tra loro ma soprattutto con lo svolgimento delle vicende. Ad un certo punto c’è anche un timido accenno alla religiosità che viene subito però ricacciato via lasciando il dubbio di una possibile conversione al cristianesimo di Wara Wara. Tutti questi elementi, uniti a personaggi piatti, fanno di Wara Wara una sorta di enorme colossal amatoriale, perché per quanto José María Velasco Maidana ci metta impegno e avesse già girato qualche corto, la sua inesperienza si vede tutta. Nota a margine per la musica, composta dallo stesso José María Velasco Maidana e davvero particolare per alternanza di sonorità tipica locali con melodie flautistiche a tratti quasi indigeste per un pubblico non educato, e melodie decisamente più classiche. Anche qui, però, si avverte una certa schizofrenia nel voler alternare temi musicali decisamente diversi tra loro e non sempre affini. Il film era stato a lungo ritenuto perduto ma è stato recuperato grazie a una donazione degli eredi Velasco alla Cineteca Boliviana. I negativi originali sono poi stati egregiamente restaurati dall’Immagine Ritrovata di Bologna che hanno donato una pulizia delle immagini davvero incredibile.
Il film, purtroppo, non è disponibile in formato Home Video ma è facilmente reperibile sul web.