La Dea (Shen nu – 神女) – Wu Yonggang (1934)

shennuIn uno strano percorso a ritroso che è decisamente contrario al mio classico metodo di ricerca, dopo Gou feng (1935), ultimo film con Ruan Lingyu prima del suicidio, ho visto Shen nu che, seppur girato un anno prima, sembra invece addirittura successivo. Come detto anche per l’articolo precedente non ho alcuna conoscenza pratica o teoria del cinema muto cinese pertanto mi sto approcciando ad esso con un atteggiamento davvero positivo e privo di qualsiasi preconcetto. Rimane la mia impressione passata: per gusto nella fotografia e nella recitazione sembra di trovarsi davanti ad un film occidentale a metà tra il cinema americano ed europeo ma è davvero lontanissimo dal mio preconcetto di “cinema asiatico” che si basa, in realtà, sul solo cinema giapponese, come se il Giappone dovesse fare per forza scuola su tutto il continente asiatico.

L’argomento trattato in questo film è davvero molto forte e interessante perché la protagonista (Ruan Lingyu) è una donna che si prostituisce per permettere al figlio (Keng Li), privo di padre, di crescere ed avere un’educazione. La felicità dei due è messa a dura prova dall’arrivo di un uomo (Zhizhi Zhang) che, innamoratosi di lei, diventerà di fatto il protettore sgradito che si limiterà a rubarle i soldi e usarli per la sua ludopatia. Nonostante questo la ragazza riuscirà a mettere da parte i sodi per mandare il figlio a scuola ma le voci sulla sua professione iniziano a diffondersi e l’istituto, nonostante la difesa strenua del direttore, espelle il bambino. Colma di rancore e frustrazione per essere stata nuovamente derubata dal suo protettore, la protagonista arriverà ad uccidere il suo aguzzino finendo però in carcere. Qui riceverà la visita del direttore della scuola che le promette che avrà cura dell’educazione e del futuro del figlio. Nel finale, straziante, la giovane chiederà all’uomo far credere al bambino che la madre sia morta per evitargli problemi nella società. Solo una volta lasciata sola la protagonista si sentirà finalmente serena per essersi tolta il peso di un sereno futuro del figlio dalla coscienza.

La cosa interessante è vedere come anche qui, come in Gou Feng, il tema dell’istruzione e della scuola sia centrale, probabilmente a voler sottolineare un problema sociale molto presente nella Cina dell’epoca. Da docente non ho potuto che apprezzare l’umanità del direttore della scuola, capace di andare oltre allo stigma della società di fronte al dolore e la sofferenza di una donna costretta a prostituirsi pur di ottenere del denaro e mantenere il figlio. Il tema della prostituzione è ovviamente molto delicato e qui raccontato in maniera piuttosto bilanciata. Se fosse stato un film americano probabilmente il non detto sarebbe stato più presente, qui non si arriva ovviamente all’esplicito ma è chiaro il mestiere che svolge la ragazza e in una scena la vediamo fumare la sigaretta prima di consumare con quello che diventerà poi il suo protettore sgradito. Molta attenzione viene data al valore simbolico che assume il vestito elegante da lavoro contro il vestiario semplice e umile che la ragazza indossa nel momento in cui diventa madre attenta del proprio figlio. Tocco davvero di classe del regista è quello di non replicare mai due volte il modo in cui viene messo in scena il momento in cui la donna si reca a lavoro, trovando sempre un espediente nuovo ed evocativo (vedi ultima carrellata di immagini in basso). Bisogna dire, inoltre, che in due occasioni la protagonista, per amore del figlio, cerca di abbandonare la sua professione. La prima volta fugge di casa e inizia una vita nuova ma viene rintracciata e rimandata a casa dal suo aguzzino con la minaccia di farle sparire il figlio; la seconda, una volta ricevuta l’espulsione dalla scuola, tenta di recuperare il denaro faticosamente messo da parte per partire ma esso è stato scoperto e sperperato dal solito protettore, cosa che ne decreterà di fatto la morte. Posto questo, il film non sembra mai giudicare moralmente la donna per il lavoro che fa, ma si evidenzia come, malgrado il giudizio della società, la cosa più importante siano i valori che una persona porta dentro di sé e porta avanti malgrado le avversità della vita. È evidente che non tutte le scelte della protagonista sono comprensibili per la nostra cultura per quanto, come detto, il film abbia un gusto piuttosto occidentale. Il finale, forse, è quello che maggiormente stona al giorno d’oggi: passi pure il fatto che la giovane voglia fingersi morta per evitare l’imbarazzo nel figlio, ma perché mostrarla serena come se il figlio fosse, di fatto, la sua unica ragione di vita? In effetti è forse questo il limite di un personaggio così forte, il fatto di dedicare tutta la sua esistenza al figlio a costo di accettare qualsiasi compromesso. Solo quando il bene del figlio viene messo in discussione lei ha il coraggio di ribellarsi anche se nel modo più terribile compiendo un omicidio.

Se in Gou Feng Ruan Lingyu non mi aveva colpito più di tanto nella recitazione, qui da veramente il meglio di sé nel tratteggiare una figura complessa come quella della protagonista capace di muoversi continuamente tra la bellezza sensuale e una dimensione tenera e casalinga quando si trova assieme al figlio. A proposito di quest’ultimo vorrei sottolineare quanto sia tenero e bravo a recitare Keng Li: Il suo personaggio è il classico bambino educato e volenteroso che si ritrova a dover soffrire a causa dei preconcetti di una società che valuta solo l’apparenza.

Una cosa interessante è vedere come Shangai fosse una città moderna già all’epoca. Nel mio immaginario da occidentale, mi immaginavo una città poco sviluppata e antiquata, invece troviamo spesso nelle transizioni tra una scena e l’altra immagini di una città tecnologica con cartelloni luminosi e tanta vita notturna. Parte di questa vita notturna era data proprio dalla prostituzione che, a quanto pare, era davvero diffusa nella città. Il titolo del film era il nomignolo che veniva assegnato in maniera eufemistico alle ragazze che vendevano il loro corpo.

Come vedete il film è ricco di elementi interessanti raccontati con ricercatezza e, al contempo, delicatezza. Non posso che consigliarvi di recuperare il film quanto prima. Purtroppo non esiste una versione italiana del film ma esiste una versione PAL restaurata con sottotitoli in inglese.

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