Lo zingaro ammaliatore (Mustalaishurmaaja) – Valentin Vaala (1929)

BílyrajOggi non è più così, ma fino almeno alla prima metà del ‘900 c’era un grande interesse cinematografico verso gli usi e i costumi “gipsy” e fioccavano quindi film in cui si mettevano in evidenza la loro passionalità ma anche estrema impulsività. Non si trattava di un interesse limitato a un singolo stato ma era piuttosto trasversale. Per esempio abbiamo in Francia La Folie des Vaillants della Dulac (1925) e nell’allora Cecoslovacchia Cikáni (1922). Anche il mio amato Von Stroheim si era interessato al “genere” tanto da volerne fare un film, Paprika, che divenne invece un romanzo.

Quali sono le caratteristiche tipiche di queste opere? In genere abbiamo molta attenzione alle usanze, una storia d’amore drammatico e tristi presagi che, come in un flash forward, sono uno specchio per il finale generalmente tragico. Ovviamente per quest’ultimo aspetto sono vari gli espedienti narrativi: si passa dalle carte (come in questo film) all’anziana che legge il futuro dalla mano del protagonista o in altro modo.

Manjardo (Teuvo Tulio) passa le giornate nel suo campo dividendosi tra l’amore di Akris (Hanna Taini) e Glafira (Alli Riks). Purtroppo suo padre lo ha promesso in matrimonio ad Esmeralda (Meri Hackzell), figlia del capo clan del campo vicino Iska (Waldemar Wohlin). Nonostante sia inizialmente restio all’unione, Manjardo si innamora presto (anzi prestissimo) di Esmeralda. Purtroppo lei non lo ricambia, ma continua ad amare Feri (Bruno Laurén), ragazzo del suo clan di origine. Per amore di Esmeralda, Manjardo la ripudia in modo tale che possa vivere felicemente la sua storia d’amore con Feri. Ma le cose sono destinate a cambiare: un giorno Manjardo viene ferito gravemente durante un inseguimento della polizia e viene soccorso proprio da Esmeralda. Feri, colmo di gelosia, prova a ucciderlo ma viene fermato in tempo dalla ragazza la quale gli dice di non amarlo più. Feri si suicida sancendo di fatto l’inizio dell’amore tra i due promessi sposi.

A fronte di una fotografia davvero curata, il film presenta tantissime pecche che lo rendono piuttosto pesante. I personaggi sono piatti e le loro presunte evoluzioni psicologiche sono improvvise e poco sviluppate. Per assurdo è forse dedicato più spazio agli usi e costumi che non allo svolgimento effettivo del racconto che appare quindi quasi un pretesto. Nella versione da me visionata, perfettamente restaurata, era inoltre presente una colonna sonora con musica etnica tendente al festoso che non si sposava minimamente con i tanti momenti drammatici. Segnalo inoltre dei buchi di trama, come quello legato alla collana “la fiamma rossa” a cui si dovrebbe legare il destino del protagonista ma lui stesso smarrisce durante l’inseguimento con la polizia e la storia termina senza che venga più citata. Insomma, tra luoghi comuni e problemi di vario tipo potete ben intuire che Mustalaishurmaaja non è certo un capolavoro ma ha comunque un suo fascino esotico rafforzato dalle splendide immagini.

Se, nonostante tutto, siete comunque interessati a vedere il film lo potete reperire su elonet, la piattaforma della cineteca finlandese con sottotioli anche in inglese e francese.

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