Ammetto che è quanto meno strano inziare il capitolo tedesco con un film come La Bambola di carne (altra traduzione per me orrenda), ma sicuramente questa breve pellicola rappresenta un passo non da poco nella storia del cinema. Con questo film ci troviamo forse davanti all’invenzione dell’espressionismo comico, con l’uso di movenze e situazioni che ritroveremo nell’arco di tutta la storia del cinema (alcune gestualità e movenze ricordano quelle dei nostrani Totò e Ciccio e Franco tanto per dirne due). Del resto Lubitsch ha sempre dimostrato, in particolare nei suoi film sonori, la sua predilezione per il genere arguto e le frecciatine maliziose. Come non ricordare Ninotchka, “il film dove Greta Garbo ride”?
Le vicende narrate in Die Puppe si ispirano liberamente a una novella di E.T.A. Hoffmann, che ha dato vita anche al balletto comico Coppélia o La ragazza dagli occhi di smalto, rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1870.
Lancelot (l’austriaco Hermann Thimig), nipote del Barone di Chanterelle (Max Kronert), gravemente malato, non vuole proprio saperne di sposarsi, e quando si vede davanti alla porta 40 vergini che aspettano solo che lui decida chi di loro portare all’altare fugge dalla finestra e si rifugia, al termine di uno spassosissimo inseguimento, in un piccolo monastero. Qui degli uomini di chiesa non proprio ligi al digiuno e poco ansiosi di sopportare privazioni, vengono a sapere la cifra della dote che verrà assegnata a Lancelot qualora decidesse di maritarsi: 300.000 Franchi! Allettati da questa grande somma, i monaci offrono una scappatoia al nostro eroe: egli dovrà sposare una bambola dalle fattezze umane, invenzione di tal Hilarius (Victor Janson), e poi consegnare la ricca dote proprio al monastero in cambio della dritta.
(se non volete sapere come va a finire la storia non leggete da qui in poi…)
Questa bambola è del tutto uguale alla vera figlia dell’inventore, Ossi (Ossi Oswalda, attrice dalla straordinaria capacità espressiva, che non sopravviverà all’arrivo del sonoro e morirà in povertà all’età di 48 anni). Quando Lancelot si reca da Hilarius, succede però qualcosa di imprevisto. Il suo giovane apprendista (Gerhard Ritterband) urta inavvertitamente la bambola, rompendole un braccio. Per evitare una strigliata, la vera Ossi prende il posto della Puppe, e viene così consegnata a Lancelot, che corre a corte per ufficializzare il proprio matrimonio. Qui si susseguono numerose gag tra il principe, ignaro della sostituzione, e la finta bambola. Quando il nostro Lancillotto riceve la dote, corre dai suoi amici monaci a consegnare il bottino e rinchiudere la povera Ossi in un ripostiglio (avendo ormai esaurito la sua funzione). Ma la ragazza non ci sta e scappa nella camera del suo promesso sposo. Lancelot, nonostante sia ancora convinto che Ossi sia una bambola, inizia ad innamorarsi del suo modo di fare estroso e, addormentatosi (in una scena molto bella), la sogna. Viene svegliato di soprassalto proprio dalla sua amata che lo bacia e rivela la sua reale identità. Nel mentre a casa Hilarius è stato scoperto l’inganno e all’inventore sono venuti letteralmente i capelli bianchi per lo stress (oltre che una grave forma di sonnambulismo notturno). Nel tentativo di mettere a posto le cose, Hilarius corre alla ricerca della figlia e dopo aver viaggiato in sella ad alcuni palloncini (l’atterraggio sarà invece poco morbido per colpa del solito apprendista dispettoso). Una volta caduto a terra ritroverà la sua Ossi mano nella mano con Lancelot. Tutto è stato già chiarito e i due annunciano ad Hilarius la propria intenzione di sposarsi. Ora al creatore di bambole possono tornare finalmente tutti i capelli neri…
(potete riprendere la lettura da qui…)
Film divertente, che colpisce per la sua semplice spontaneità. A volte questa sua genuinità stordisce, e viene da ridere proprio vedendo le scene ai limiti dell’assurdo che vengono a crearsi. Di grande comicità gli inseguimenti e i bisticci tra Hilarius e il suo apprendista, così come i giochi di sguardi ed espressioni tra Ossi e Lancelot. Con tanta ironia e anche una leggera vena anticlericale, Lubistch ci stupisce con questo piccolo gioiello di comicità pura. Una fiaba divertente che ripercorre le fobie maschili distruggendole a furia di siparietti comici. La breve durata contribuisce poi a rendere gradevole che altrimenti risentirebbe troppo del tempo passato. Sicuramente la bambola di carne ci può dare un’idea di quello che è stato l’inizio di alcuni motivi comici. Ottima interpretazione di Ossi Oswalda, e grande capacità del regista nel caratterizzare i personaggi (questi strappano un sorriso anche solo al primo sguardo). Film davvero consigliato, quanto meno per quello che ci ha lasciato in eredità. Spero che dopo la visione possiate perdonarmi per questo primo azzardo.