Il denaro (L’argent) – Marcel L’Herbier (1928)

Le opere adattate sono solamente un materiale da cui trarre quello che si vuole“, così aveva detto una volta Marcel l’Herbier, e la cosa traspare ne “L’argent”, omonimo adattamento del romanzo di Zola. Il regista plasma la vicenda originale e la trasporta ai suoi giorni, modernizzandola e modellandola per i suoi scopi. Il risultato fu ovviamente molto discusso tanto che Antoine arrivò a definire il film “una manipolazione del testo, un sacrilegio commesso da un arrivista ambizioso e incosciente”. Parole forti, che non tengono sicuramente conto del grande valore di L’Herbier e del contributo che aveva dato al cinema francese ed internazionale. Purtroppo però la pellicola non ebbe neppure un grande successo di pubblico, sia per la durata, quasi tre ore nonostante la lunghezza fosse stata di gran lunga ridotta rispetto a quella originaria, sia per l’argomento: un intrigo finanziario, sebbene infarcito di violenze ed amori proibiti, che mal venivano digerito dalla popolazione. A partire dagli anni ’60 il film è stato giustamente riscoperto ed apprezzato, tanto da essere considerato “un faro della modernità“. L’affermazione è certamente esagerata ma fa capire il grande valore che ebbe questo film grazie ai suoi espedienti tecnici, le sue splendide immagini e le innovazioni nelle inquadrature. Alle soglie del 1930, a questo film sembra mancare solo il suono, ma la sua assenza viene sopperita da uno splendido gioco con le didascalie, ottime inquadrature e scene ben congeniate.

Il Banchiere Saccard (Pierre Alcover) tenta di speculare sulle imprese dell’aviatore Jacques Hamelin (Henry Victor) intenzionato a compiere un proibitivo volo fino in Guyana, ricca di petrolio da sfruttare. Mentre il ragazzo compie la sua missione, il perfido banchiere cerca di sedurne la moglie Line (Mary Glory) con mezzi più o meno leciti. Ma le malefatte vengono sempre pagate: Saccard finisce in prigione dopo che il suo rivale in affari Gunderman (Alfred Abel) con l’aiuto della Baronessa Sandorf (la Brigitte Helm di Metropolis e Atlantide) riesce a convincere Line a sporgere denuncia contro di lui. Il finale lascia intendere che al banchiere non è bastata la lezione appena subita.

Prima della crisi degli anni ’30 e dopo la grande depressione di fine Ottocento, l’Herbier dipinge un ritratto del mondo finanziario dell’epoca, mettendo a nudo la brama di denaro degli speculatori. La morale parrebbe suggerire che il denaro non permette tutto, anche se nel finale sembra serpeggiare quasi il messaggio contrario. Il denaro è il vero protagonista della vicenda, e porta avanti la narrazione con autorità. Bisogna però puntualizzare che il regista non voleva attaccare il mondo della finanza in generale, ma descriverne la sua degenerazione, raccontando la storia di un uomo divorato dalla brama di ricchezze. L’Herbier ci regala delle inquadrature stupende, ben 1952, per un totale di sette secondi per inquadratura circa, una cifra davvero elevata per l’epoca. La scena più nota del film, quella in cui i finanzieri si affollano nella borsa, consta quasi duemila comparse e venne ripresa da ben quindici macchine da presa, di cui una che calava da diversi metri di altezza. Al gran numero di inquadrature si contrappone una recitazione molto semplice, data dalle splendide interpretazioni degli attori, tra cui spicca il massiccio Alcover, che viene valorizzato maggiormente grazie all’espediente della ripresa contre-plongée, che rafforza ulteriormente la sua mole. Al suo fianco figurano attori che non hanno certo bisogno di presentazioni, essendo conosciuti al grande pubblico per aver preso parte a pellicole di grande spessore. L’argent è un’opera molto interessante penalizzata, forse, dalla lunga durata. Nonostante questo l’Herbier riesce comunque a catturare l’attenzione dello spettatore con numerosi espedienti. Il film, nella sua edizione restaurata, non è edito in Italia ma è facilmente reperibile nella sua edizione francese o anglosassone. Consiglio in particolare l’edizione Eureka della collana Masters of Cinema.

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