Mastro Samuele è forse una delle peggiori traduzioni per il titolo di un film. Verrebbe da pensare che stiamo parlando di un’operetta, invece è un bel dramma scritto da Hjalmar Bergman. Perché si chiama Mästerman? Il protagonista è Mäster Eneman, ovvero Mastro Eneman. Visto che non era molto amato dalla popolazione locale, aveva un banco dei pegni e offriva prestiti non certo a buon mercato, veniva beffardamente chiamato Mästerman unendo il titolo e il nome assieme. Insomma niente mastro Samuele, seppur il nome del protagonista è effettivamente Sammel. In Mästerman Victor Sjöström lascia la sceneggiatura a Bergman per interpretare il doppio ruolo di regista e attore, a lui così congeniale. La storia è piuttosto complessa, ma decisamente più lineare rispetto ai film tratti dai libri di Selma Lagerlöf.
Mästerman (Victor Sjöström) è il gestore di un banco dei pegni molto odiato dalla popolazione locale per il suo zelo e la sua spilorceria. Non ama mescolarsi alla gente e viene considerato un misantropo senza cuore. Nel corso degli anni è riuscito ad accumulare una serie di oggetti particolari, costruendosi una collezione degna di nota. Tutto cambia il giorno in cui soccorre Torah (Greta Almroth) la figlia della locandiera Boman (Concordia Selander). Il cuore gentile della giovane sembra infatti aver fatto breccia nel cuore di Mästerman. Torah è però fidanzata con un pessimo soggetto, Knut (Harald Schwenzen), marinaio col vizio del gioco. Proprio il gioco lo porta a perdere tutto. Per saldare il debito chiede un prestito al banco dei pegni e Mastro Eneman chiede in cambio i servigi di Torah come domestica. Incapaci di restituire il debito i due accettano e mentre Knut lavora per guadagnare il denaro del riscatto, la giovane lavora per Mästerman. Notando il debole che l’uomo ha per lei, Torah lo convince a farsi benvolere dalla popolazione donando i propri averi ai bisognosi, in cambio lei “lo accompagnerà in chiesa”. Mastro Eneman crede che lei voglia sposarlo, ma è solo un inganno. Presto se ne accorge e decide di vendicarsi sulla giovane. Quando Knut torna per pagare il debito, Mästerman gli fa credere che Torah non vuole più sposarlo. Tornato da Torah le racconta che il suo amato non vuole più saperne di lei. Disperata, la donna accetta di sposare il suo padrone. Possibile sia finita così?
Mästerman è un film davvero molto bello che mi ha stupito in positivo in particolare per la grande complessità del protagonista interpretato da Sjöström. Mastro Eneman subisce un’evoluzione costante nel corso della vicenda. Ma la particolarità di questo racconto è che nessun personaggio è veramente positivo, ma tutti hanno i loro lati oscuri. Knut ha il vizio del gioco, ruba, ma al contempo è deciso a redimersi ed è sospinto dalla forza dell’amore. Torah non esita ad ingannare il suo padrone pur di raggiungere i suoi fini, ma è al contempo generosa nei confronti del prossimo e rispetta la parola data, specie in ambito sentimentale. Mästerman è freddo, avaro e calcolatore, ma non esita a mettersi in gioco quando si innamora. La vicenda, insomma, ruota tutta intorno a un tema, l’amore: l’amore unisce e separa, rende buoni ma anche capaci di commettere le peggiori nefandezze. Sembrerebbe il più classico dei triangoli amorosi e invece non è così. Siamo in Svezia, in un tipico paesino locale, e la presenza di una cultura estranea alla nostra con le sue abitudini, trasforma il racconto in qualcosa di più profondo. Probabilmente il merito va ricercato nella solita delicatezza con cui Sjöström racconta le vicende sentimentalmente “amorali”, un tocco che culminerà con The Scarlet Letter (1926), film considerato non trasponibile sul grande schermo, quantomeno nella forma di lungometraggio. Elemento particolarissimo del film sono le didascalie, disegnate dal vignettista Arthur Sjögren con un effetto davvero incredibile. Di seguito potete vedere qualche esempio.
Con Mästerman la coppia Sjöström-Bergman ha fatto sicuramente centro, confezionando un dramma molto piacevole e intenso, che si avvicina ai migliori lavori del regista svedese.