Tra gli attori italiano del cinema muto, Emilio Ghione è il personaggio che più mi affascina in assoluto. Negli ultimi anni i lavori di Denis Lotti hanno contribuito a rafforzare le informazioni in nostro possesso sul suo conto. Lotti ha infatti pubblicato un volume interamente dedicato a Ghione per la Cineteca di Bologna oltre ad aver curato la riedizione del primo romanzo di Za-La-Mort e dell’autobiografia dell’artista che è stata presentata durante il Cinema Ritrovato 2013. Grazie all’Archives Françaises du Film-CNC abbiamo ora la possibilità di vedere il Circolo nero (o Cerchio nero secondo una diversa titolazione) in versione restaurata e praticamente completa. Il Circolo Nero è anche il primo film che Emilio Ghione fece come attore e regista per la Celio-Film.
Il Conte Raoul Ruggeri (Alberto Collo) per un debito contratto nel gioco d’azzardo si ritrova suo malgrado all’interno del malfamato Circolo Nero, presieduto dall’oscuro Bodre (Emilio Ghione). Si tratta di un’associazione malavitosa che opera furti e malvagità di ogni tipo. Il Conte Raoul, non si trova però a sua agio nella vita criminosa e decide di abbandonarla con la promessa di non rivelare mai nulla del circolo. Il Conte decide di andare a cercar fortuna in America dove presto si innamora di Edith Brown (Lea Giunchi), unica figlia del miliardario Sir Brown, re della lana. Quando la polizia finalmente riesce a tendere una retata al Circolo Nero, solo Bodre riesce a salvarsi. Bodre reca da Raoul convinto di poter ricevere da lui aiuto finanziario e un impiego. Ma il conte non vuole far entrare in contatto la sua amata con il malvagio Bodre, così lo allontana. Desideroso di vendetta, Bodre rapisce allora Edith. Una volta scoperto il rapimento, Raoul corre a salvare la sua amata dopo l’inevitabile scontro finale…
Il film presenta a mio avviso diversi aspetti ingenui ma nel complesso è molto piacevole anche per via della breve durata. Difficile comprendere le ragioni di quel salto in America improvviso nel ranch del re della lana, che diventa una nota di colore esilarante. Personalmente gradisco molto i film di questo “genere malavitoso” tipico di quell’epoca, di conseguenza non posso che esprimere un parere più che positivo riguardo il Circolo Nero. Malgrado tutti i difetti riscontrabili, la prova di Ghione mi è parsa più che positiva. Di certo riesce a catalizzare l’attenzione dello spettatore più di quanto non faccia Alberto Collo, qui decisamente sottotono. Emilio Ghione ostenta per tutto il film un atteggiamento freddo e distaccato, quasi a voler informare sin dal principio il pubblico su quanto Bronde sia un personaggio malvagio e senza scrupoli. Pur essendo lontano dalle grandi interpretazioni successive, Ghione si ritaglia qui uno spazio di tutto rilievo. Consiglio vivamente la visione del film agli amanti del genere. Del resto, come anticipato, il film è visibile a tutti grazie alla Cineteca MNC che ha messo a disposizione il video su internet (potete farlo anche voi cliccando qui).
Non mi resta che augurarvi una buona visione
ciao yann, sempre attento e acuto. come vanno i tuoi studi. ho visto due film che ti suggerisco: in solitario francese, abbastanza bello anche se non eccelso. e all is lost di Redford al Tff non so se e quando arriverà nelle sale… a proposito di quest’ultimo, quasi un film muto, tu sicuramente sai dirmi perché vanno molto in questi anni i film come, artist, biancanieves.. questo di redford. a presto gianni
Ciao Gianni, spero di tornare presto a scrivere qualcosa anche per il tuo Uomini e Lighthouse che seguo sempre con piacere nonostante il poco tempo a disposizione. Secondo me si tenta sempre più di tornare al muto perché nel cinema si è perso l’essenziale, ovvero il valore della recitazione inteso anche come gestualità ed uso del corpo. Ormai i grandi colossal tendono a fare leva sugli effetti speciali per stupire il pubblico e gli attori hanno modificato il loro modo di recitare. Ovviamente si tratta di una mia opionione ma dubito sia un caso che nel periodo in cui usciva Avatar in 3D Hazanavicius e Berger tentavano di farsi finanziare due film muti. Ma la cosa incredibile è stata la reazione del pubblico che non è affatto rimasto indifferente, in particolare per The Artist. E se anche per molti Dujardin non meritava l’Oscar come Miglior Attore, per assurdo è forse l’unico che si è comportato come attore a tutto tondo negli ultimi anni. Spesso si dimentica quanto fosse difficile attirare l’attenzione di uno spettatore senza l’utilizzo della voce e per farlo attori come Chaplin o Jannings dovevano avere doti al di fuori del comune (e non a caso hanno superato il passaggio al sonoro). Dujardin in fondo è riuscito a rifarlo ai nostri tempi, il che è davvero straordinario. Con questo non voglio generalizzare troppo, ci sono attori molto bravi anche adesso ma forse non a caso questi hanno spesso alle spalle una storia teatrale (specie fuori dall’Italia è molto comune del resto). Allo stesso modo all’epoca muta c’erano anche tanti attori incapaci che lavoravano grazie a raccomandazioni o grazie alla celebrità acquisita per motivi svariati (vedi Houdini che pur non essendo uno dei peggiori avrebbe forse fatto meglio a non recitare). Ricapitolando penso che il ritorno al muto venga da un meccanismo quasi di repulsione nei confronti di una “iper-tecnologizzazione” del cinema ed un impoverimento complessivo della produzione in generale.