Nel 1917 Sjöström era ormai convinto che un film di successo doveva per forza essere tratto da un libro. Gli venne suggerito di trasporre il romanzo della Premio Nobel Selma Lagerlöf dal divertente titolo Una saga intorno a una saga e altre saghe (1908). Fu l’inizio di una lunga serie di trasposizioni da libri della scrittrice, tra cui ricordo lo splendido Il carretto fantasma (1921) e i due film dedicati alla saga dei figli di Ingmar. La storia, nella migliore tradizione della scrittrice svedese, è un intreccio di trame e sottotrame che confluiscono in una sola storia. Questa tanto per facilitarmi nel descriverla:
Due storie sembrano inizialmente svolgersi parallele. Da una parte abbiamo Helga (Greta Almroth), ragazza di Stormyr, che ha avuto un figlio da un uomo sposato che si rifiuta di riconoscerlo. I genitori (William Larsson – Thekla Borgh) la costringono ad andare davanti al giudice (Nils Aréhn), nonostante lei sia contraria. Il giorno del giudizio l’uomo, pur di non prendersi le sue responsabilità legali, sta per spergiurare sulla Bibbia la propria estraneità al fatto, ma Helga, ancora innamorata, gli toglie il libro sacro da sotto la mano per evitare che faccia un grave peccato. Decide quindi di ritirare la denuncia guadagnando al stima del pubblico e del giudice. Dall’altra parte abbiamo Gudmund Erlandsson (Lars Hanson), promesso sposo di Hildur (Karin Molander), figlia di Erik Persson, un giurato locale (Georg Blomstedt). Gudmund assiste al processo e si affeziona alla disavventura di Helga. Tornato a casa racconta quanto accaduto in aula al padre Erland (Hjalmar Selander) e alla madre Ingeborg (Concordia Selander). La madre è costretta a stare su una sedia a rotelle e avendo bisogno di assistenza decide di chiamare Helga come sua domestica. Ma la storia deve ancora cominciare! I Persson vedono di malocchio la presenza di Helga, macchiatasi di rapporti extraconiugali nonché madre di un figlio illegittimo. Gudmung è così costretto a rinunciare a lei. Il giorno prima delle nozze, Gudmund va in città e trovando dei suoi amici fa baldoria e si ubriaca. Scatta una rissa e un uomo viene ucciso. Gudmund, con i vestiti strappati, va a dormire e al risveglio non ricorda nulla di quanto accaduto. Il giorno dopo, leggendo il giornale, pensa di essere stato lui a commettere il delitto: l’uomo assassinato è stato ritrovato con una lama spezzata nel corpo. Il ragazzo prende il suo coltello ed è effettivamente spezzato. Il giorno delle nozze decide di andare a costituirsi e Hildur sprezzante lascia il Gudmund al suo destino. Ma i colpi di scena non sono finiti e il finale scioglierà tutti i nodi.
Dice Idestam-Alquist “con una trama del genere Agatha Chistie avrebbe potuto ricavarne un giallo. […] Ma ciò che interessa a Selma Lagerlöf sono le persone, come esse pensano, sentono, reagiscono […]. Ambedue partono col proposito di tenere in tensione il lettore, ma ognuno tratta i temi in modo ben diverso” (1). Victor Sjöström segue passo passo il romanzo della Lagerlöf per un totale di 290 scene. Per evitare le molte didascalie le limita. Molte sequenze ne sono prive, senza danneggiare la comprensione di quanto sta accadendo. Il messaggio è sia con gran parte della produzione del regista che nei lavori della scrittrice: non bisogna lasciarsi accecare dalle apparenze, se una persona è mossa da sentimenti genuini (e spesso e volentieri dalla fede in Dio) ogni ostacolo può essere superato. Da una parte abbiamo Helga, la peccatrice che però ha un cuore tenero ed è mossa da sentimenti veri, dall’altra c’è Hildur, donna dal giudizio facile, meschina e interessata solo al guadagno e all’apparenza. Gudmund si trova a dover scegliere tra queste due realtà, l’apparenza o il sentimento. Una scelta simile la vedremo in I figli di Ingmar (Ingmarssönerna – 1919) con risultati simili. Non a caso anche la saga dei figli di Ingmar era tratta da un libro della stessa Selma Lagerlöf (Ndr. Jerusalem). Altro elemento che ritorna è la vita semplice, al di fuori della grande città. L’attenzione all’elemento naturale e alla vita modesta e ritirata. Inoltre ancora una volta ci si sofferma sul folklore e sulle tradizioni, esempio dato dalla festa di matrimonio, poi interrotta, tra Hildur e Gudmund. Particolarità del film è quella di sottolineare gli eventi significativi con dei primissimi piani (come potete vedere qui sotto).
Nonostante Tösen från Stormyrtorpet non sia uno dei migliori film del regista, fu proprio questo che fece conoscere Sjöström in America. Nel film recitano Greta Almroth, Lars Hanson e Karin Molander (all’epoca sposata con il regista Gustaf Molander): tutti e tre sarebbero andati negli Stati Uniti, anche se solo Hanson vi recitò (1). La loro avventura durò pochi anni: nel 1928 Lars Hanson e Karin Molander (che si erano sposati nel 1922) tornarono in patria. Secondo la leggenda nello stesso battello trovarono un disincantato Mauritz Stiller che sarebbe morto quello stesso anno. Qualche tempo dopo anche Sjöström fece ritorno definitivamente in Svezia, rinunciando a girare gli ultimi film che aveva da contratto.
Con Tösen från Stormyrtorpet inizia una nuova epoca del cinema di Sjöström, grazie anche al sodalizio con Selma Lagerlöf. I tempi di Dödskyssen erano fortunatamente finiti.
(1) Idestam-Almquist B., Dramma e rinascita del cinema svedese, Roma 1954.