Può il mondo degli adulti dialogare con quello dei bambini? Generalmente nei film con attori bambini difficilmente i due mondi si incontrano e se si pensa anche alle mitiche strisce dei quotidiani americani, spesso questo non accade. Basti pensare ai Peanuts, dove gli adulti non vengono mai rappresentati pur essendoci in Calvin & Hobbes, tanto per citare un altro nome. Pure quando ci sono i genitori sono spesso parte integrante del mondo dei bambini e non portano le loro problematiche da adulti. Nel film Penrod and Sam troviamo un po’ un mix di queste cose ma, quello che è certo, è che il mondo degli adulti irrompe prepotentemente in quello dei bambini. Le vicende sono tratte da una trilogia dell’autore Booth Tarkington, pluri-premio Pulitzer e autore di romanzi da cui sono stati tratti adattamenti piuttosto celebri comeAlice Adams con Katharine Hepburn (1931) e The Magnificent Ambersons (it. l’orgoglio degli Amberson) con regia di Orson Wells. In questa trilogia rientravano Penrod (1914), Penrod and Sam (1916) e Penrod Jashber (1929) poi raccolti in un volume unico. Del primo, sulla scia del successo delle piccole canaglie di Hal Roach, era stato fatto un adattamento, nel 1922 con regia di Marshall Neilan e come attori Wesley Barry (Penrod), Gordon Griffith (Sam), Newton Hall (George), Baby Peggy (Bay Rennsdale) ma anche Ernest Morrison e Florence Morrison, due fratellini di colore nei panni di Herman e Verman. Appena un anno dopo ecco uscire il Penrod and Sam di William Beaudine con un cast completamente rinnovato.
Lo scalmanato Penrod Schofield (Ben Alexander) ha dato vita ad una solta di fortino nel terreno accanto alla casa dei suoi genitori e insieme al suo inseparabile amico Sam Williams (Joe Butterworth) e tanti altri amici, tra cui Verman (Joe McCray) e Herman (Gene Jackson), giocano alla guerra. Loro principali avversari sono il bel Georgie Bassett (Newton Hall) e il viziato Roddy Bitts (Buddy Messinger). Il padre di quest’ultimo (William V. Mong) decide di dare una lezione a Penrod comprando dal Signor Schofield (Rockcliffe Fellowes) il terreno di gioco e facendolo di fatto cacciare. Presto il padre di Penrod si renderà però conto di aver fatto una scemenza. Qualche tempo prima, infatti, proprio il Signor Bitts aveva investito con la macchina Duke, il cagnolino del figlio, che era stato poi sepolto nel terreno conteso. Visto che il figlio appare disperato per aver perso al contempo la sua principale sede ludica e la possibilità di piangere il suo amico fidato, il Signor Schofield ricompra il terreno per una cifra maggiorata e lo dona a Penrod.
L’opera originale di Tarkington era composta da tanti piccoli episodi non sempre tra loro legati e il lavoro fatto dagli sceneggiatori, la coppia Hope Loring e Louis Lighton, nel comporre un lungometraggio organico non è, a mio avviso, perfettamente riuscito. Il film presenta diversi abbassamenti di ritmo coincidenti spesso, giusto per tornare al nostro incipit, proprio quando subentra il mondo degli adulti. Le vicende relative alla liaison sentimentale della sorella di Penrod, interpretata da Mary Philbin (!!) o le continue interferenze dei genitori di Penrod, Roddy e Georgie appesantiscono e allungano il brodo ma non aggiungono assolutamente nulla. Ben Alexander è uno splendido Penrod, capace di muoversi in quella sottile linea di prepotenza e giustizia e riuscendo anche a divertire e commuovere lo spettatore con le sue vicende. Menzione d’onore al modo in cui nel film sono stati presentati i personaggi di Herman e Verman, membri dell’esercito dei ribelli, combattenti provetti con tanto di spazio per un flirt con un’altra bambina, ovviamente nera come loro. I due bambini hanno un loro carattere definito, sono perfettamente integrati all’interno della banda di Penrod e si comportano e sono trattati esattamente come gli altri senza essere semplici macchiette. Stona però la totale assenza di un ruolo per i loro genitori e l’unica donna nera del film e, come da tradizione, la serva di casa Schofield. Ultimo ma non ultimo per importanza Cameo, il mitico cagnolino di Penrod, che come tutti i cagnolini filmici ruba letteralmente la scena ai suoi padroni quando si trova davanti alla macchina da presa. Ieri come allora non è possibile resistervi! La scena del suo investimento è davvero straziante tanto più perché, purtroppo per me, ho assistito di recente ad un evento simile per negligenza dei padroni. Qui sotto potete vedere una Gif in cui il cane si finge una stuatua per sfuggire alle ire del Signor Bitts.
Sia nell’introduzione che poi nella discussione live post proiezione si è insistito molto sulla natura “Americana” del film che non è un termine ascrivibile in maniera dispregiativa al nostro “americanata” ma indica un film che rappresenta una testimonianza storica e geografica del folclore e della cultura statunitense. In Penrod and Sam abbiamo uno spaccato della società borghese americana e della vita di quartiere di un gruppo di ragazzini scalmanati. Sulla scheda dedicata al film che trovate sul sito delle GCM (che potete vedere cliccando qui), c’è anche un estratto della recensione di Photoplay che sottolinea come sia “interessante notare che, tra i vari accorgimenti adottati per un maggior naturalismo, il trucco è stato completamente eliminato”. Tutto sembra insomma remare verso l’idea di trovarci davanti a una istantanea di vita urbana periferica degli anni ’20.
Ma, per rispondere alla domanda iniziale, può il mondo degli adulti dialogare con quello dei bambini? A livello di svolgimento del racconto i due mondi avrebbero fatto bene ad essere separati, ma il finale ci mostra come il “dramma” possa risolversi solo nel momento in cui il padre, invece di essere semplice esecutore di punizioni per atti che non comprende, si mette nei panni del figlio e capisce le sue problematiche. Penserete forse che, a questo punto, Penrod abbia imparato dai propri errori e sia inclusivo con Roddy e Georgie e invece non è affatto così e il film termina con un mega inseguimento ai danni del piccolo Bitts che promette di mettere su una banda in grado di conciare quella di Penrod per le feste. Non c’è spazio per i ricchi e per i belli nella scapestrata gang di Penrod!
Il film ebbe un grande successo tanto che con l’avvento del sonoro Beaudine ne fece un remake nel 1931 (giusto per restare in tema con l’articolo di giovedì sulle due versioni di Klovnen). Purtroppo non ho visto la seconda versione ma, secondo Jay Weissberg, direttore delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, la seconda versione non mantiene la verve di questa muta. Magari in futuro avrò modo di vederla e farvi sapere.