Il primo cinema ceco è fatto di personalità poliedriche che vedono nel cinema solo una delle tante possibilità di esprimersi e sperimentare. Ovviamente questo vale sia per Emil Artur Longen che per Antonín Pech ma andiamo ad analizzarli singolarmente. Bisogna dire che, a livello prettamente formale, questi film e questi autori operarono sotto l’allora Impero Austro-Ungarico visto che lo stato cecoslovacco nascerà solo dopo il primo conflitto mondiale eppure si tratta di produzioni assolutamente locali e per questo vengono considerate come ceche a tutti gli effetti.
Antonín Pech nasce nel 1874 e inizia la sua carriera come fotografo. Nel 1908 apre il cinema Gran Biograph de Paris a Praga e inizia, dopo essersi dedicato al teatro, a pensare di fare il grande salto. Succede nel 1911 quando fonda la Kinofa e, cercando di scimmiottare i successi di Max Linder, prova a introdurre la maschera di Rudi che però non raggiungerà il successo sperato. La sua storia nel mondo cinematografico è però molto breve e termina già nel 1914. Morirà a 53 anni a Praga nel 1928 restando comunque un importante tassello per la prima produzione cinematografica ceca.
Emil Artur Longen (vero cognome Pitterman), nasce nel 1885 si formò nell’Accademia delle belle arti di Praga che non terminò perché venne espulso per problemi disciplinari. Ebbe una carriera veramente poliedrica variando dalla pittura, partecipando al gruppo Osma di cui facevano parte Emil Filla e il mio antenato Bohumil Kubišta (morto di spagnola), all’ambiente cabarettistico praghese. Dopo una fiorente carriera teatrale come soggettista, sceneggiatore e attore, decide di provare brevemente la strada del cinema dando vita al personaggio di Rudi, una sorta di Max Linder alla praghese ma di scarso successo. Su emutofu abbiamo visto nei panni di attore in Otrávené světlo (1921). Scrisse anche dei romanzi autobiografici pur non abbandonando teatro e cineme dove, una volta giunto il sonoro, ebbe una nuova giovinezza come sceneggiatore.
Non perdete in coda Konec milování di Max Urban (1913)
– L’illusionismo di Pompero (Ponrepovo kouzelníctví) – Antonín Pech (1911)
Brevissimo corto il cui protagonista è Viktor Ponrepo, una sorta di Méliès ceco, illusionista e gestore del primo cinema permanente di Praga. Proprio qui è ambientato questo breve film tra magie più o meno riuscite.
– Il ciclo di Rudi (1911)
Abbiamo detto sopra che nel 1911, sull’onda del successo di Max Linder, Antonín Pech e Emil Artur Longen tentano di introdurre un personaggio tutto ceco che avrebbe dovuto trainare la neonata casa di produzione Kinefa. Della serie Rudi abbiamo 4 corti tutti risalenti al 1911 e interpretati da Longen: Rudi na křtinách, Rudi na záletech, Rudi se žení e Rudi sportsman. Di questi ne sono rimasti, o quantomeno sono reperibili facilmente, solo due.
Primo dei due film è Rudi na záletech regia Emil Artur Longen e Antonín Pech (1911). Qui Rudi si traveste da donna per poter far il bagno con alcune ragazze. Viene però scoperto e prende un sacco di mazzate.
Nel secondo, Rudi sportsman, Rudi vuole dimostrare di poter essere un bravo sportivo e si dedica quindi, senza successo, a diverse attività rimediando solo brutte figure.
Come sapete non sono un grande fan delle comiche mute e queste non sono di chissà quale livello e originalità. Bisogna inserirle in un contesto appropriato di produzione locale per la gente del posto ma l’ispirazione è chiaramente straniera.
– Rivali (Sokové) – Antonín Pech (1911)
Non ci ho capito letteralmente niente! Purtroppo il film è mutilo e ho potuto vedere che si tratta di un western ma le inquadrature sono fatte spesso da molto distante, forse per valorizzare i paesaggi, e i personaggi tutti uguali. Dal mio punto di vista è stata un’alternanza priva di logica di catture e controcatture con anche una ragazza che ad un certo punto prende una pistola e inizia a minacciare a destra e a manca uomini che arrivano. Ai limiti dell’inguardabile nelle condizioni in cui si trova ora. Va detto però che è interessante vedere Antonín Pech alle prese con un genere così diverso rispetto alle sue solite commedie e comiche.
– Dente per dente (Zub za zub AKA Pomsta je sladká) – Antonín Pech & Václav Piskáček (1913)
Il film più carino tra quelli che andiamo a vedere. Ancora una volta si tratta di un film comico in cui protagonista è una coppia squattrinata formata da una ragazza e un dentista. La giovane vorrebbe comprarsi un nuovo cappotto ma non ha i soldi. Attua quindi un piano diabolico adescando uomini fino allo studio del marito che, una volta beccatoli in flagrante, sono costretti a fingere di doversi togliere un dente e pagare profumatamente la prestazione. Le vittime dell’inganno si ritrovano però casualmente sotto lo studio dei due e ordiscono una terribile vendetta: salgono e strappano a uno a uno tutti i denti del dentista. È proprio il caso di dirlo: un finale da dente per dente!
Il film dura pochi minuti ed è ben costruito, tra quelli visti fino ad ora è l’unico che consiglio di recuperare e vedere.
– Fine dell’amore (Konec milování) – Max Urban & Otakar Štáfl (1913)
Konec milování è una sorta di traccia bonus di questo articolo perché la regia è di Max Urban e anche l’argomento è in realtà molto diverso da quanto visto fino ad ora. Max Urban è stato, come Pech e Longen, un personaggio interessante del primo cinema ceco iniziando la sua attività come architetto e ritrovandosi poi a dirigere diversi film con all’interno la moglie Andula Sedláčková. Proprio con lei fondò la casa di produzione ASUM che diede vita a 18 film prima di sciogliersi nel 1914 a causa dei problemi finanziari derivanti dall’inizio della Prima Guerra Mondiale. Di questi l’unico rimasto intero è proprio Konec milování. Legata al cinema è anche la sua più importante opera da architetto ovvero gli studi cinematografici di Barrandov, grazie ai quali ricevette il Gran Premio dell’Esposizione Internazionale di Arte e Tecnologia di Parigi nel 1937.
Ma andiamo al nostro film: Fred (Miloš Vávra) non si accontenta di aver conquistato Irena (Andula Sedláčková) ma inizia anche a frequentare la bella Lolotta (Jarmila Kronbauerová). Il gioco è però presto scoperto da Irena che, in un finale tragicissimo, si finge l’autista della macchina di Fred e si getta da un dirupo con tutti e tre a bordo.
Nel cinema è difficile trovare un film così tragico e distruttivo, generalmente almeno uno dei tre sarebbe dovuto sopravvivere (vedi Klovnen o Bestia) invece qui non c’è alcuna speranza e la scena finale è veramente tragica. Irena si libera della cuffia che ne celava l’identità e in un attimo Fred capisce con terrore cosa sta per succedere ma è troppo tardi. L’inquadratura finale si sofferma si corpi morti dei tre per lasciare poi spazio alla scritta “Fine”.