Tra i vari film presentati nel corso di questo Cinema Ritrovato 2022 trova un piccolo spazio una versione ridotta di Visage D’enfants, film franco-svizzero di Feyder di cui sinceramente ignoravo l’esistenza. Chi mi segue da tempo saprà che i film drammatici di bambini per bambini non è che mi facciano impazzire anche se questo per certi versi è piuttosto apprezzabile. Qualche anno fa avevamo visto, sempre al Ritrovato, Historien om en gut (1919), un film norvegese che aveva per certi versi alcuni punti in comune. Generalmente, infatti, si parla di rapporti conflittuali con i genitori e di una fuga ad un certo punto del film. Qui la situazione è un pochino più complessa perché il protagonista, interpretato dall’attore bambino Jean Forest, si ritrova fin da subito senza mamma e con una matrigna e una sorellastra.
Jean Amsler (Jean Forest) si ritrova, assieme alla sorellina Pierrette (Pierrette Houyez) senza la mamma e il dolore è tale che deve essere inviato fuori casa per un certo periodo. Nel frattempo il padre (Victor Vina) si risposta e Jean si ritrova ad avere una matrigna (Jeanne Dutois) e una sorellastra di nome Arlette (Arlette Peyran). I rapporti tra di loro non saranno idilliaci ma la situazione precipita quando, per un dispetto, Arlette rischia la vita a causa di una valanga. L’aver provocato il quasi decesso della sorellastra porta un tale senso di colpa in Jean, a cui il padre non rivolge più la parola, che decide di fuggire di casa. Cade in un fiume ma viene salvato in extremis dalla matrigna. Risvegliatosi tra le braccia della donna capisce finalmente di essere parte della stessa famiglia e si scioglie in un abbraccio colmo di affetto.
Se non avessi letto il nome del regista mai avrei pensato che si trattasse dello stesso Jacques Feyder di Atlantide (tanto per dirne una). Permane un senso di assoluta mediocrità che non lascia intravedere particolari scelte registiche. Sicuramente i paesaggi sono molto curati e non ci sono particolari cadute di stile ma considerato il target non lo trovo comunque un film particolarmente emozionante. Per dirla in altre parole niente arriva particolarmente inatteso e, visto il tenore generale, è scontato fin da subito il lieto fine. La parte più bella del film sono sicuramente i paesaggi montani ma escluso questo c’è davvero poco per uno spettatore adulto di oggi. Rispetto ad altri film del genere manca inoltre quasi completamente l’elemento documentario che, se condita con elementi folkloristici e bizzarri, aumenta l’attentività e la curiosità durante la visione. È come se, pur nella constatazione di un livello attoriale più che buono, una regia lineare e una buona fotografia, non si andasse mai sopra il livello della sufficienza. La locandina penso sia una delle più brutte che abbia visto in questi anni di E Muto Fu.
Complimenti e grazie. Abito in Belgio, a due passi dalla casa natale di Feyder, maestro del cinema dimenticato, autore di ben due film con la Garbo.
Grazie per il commento, mi piacerebbe visitare quegli splendidi luoghi!