Tu m’appartieni (Tu m’appartiens) – Maurice Gleize (1929)

tumappartiensLa prima grande sorpresa positiva di questo Cinema Ritrovato 2022 è stato Tu m’appartiens, diretto da Maurice Gleize con attori di grossissimo calibro come Francesca Bertini e Rudolf Klein-Rogge (Dr. Mabuse). Escludendo l’incredibile restauro, che già da solo varrebbe il prezzo del biglietto, il film si contraddistingue subito per la sua costruzione ansiogena sottolineata da frasi ad effetto e dal tempo scandito quasi ossessivamente. Oltre a questo troviamo una sapiente capacità di costruire la narrazione per non far capire esattamente che ruolo hanno alcuni personaggi all’interno della narrazione. Un po’ come in The Lodger di Hitchcock non capiamo insomma se certe persone sono buone o cattive, se stanno per tradire il protagonista oppure no.

La narrazione parte prendendo ispirazione da un articolo del codice penale, il 635, che stabilisce che un fuggiasco vede annullata la sua pena se riesce a non farsi catturare per 20 anni. Il nostro protagonista è un carcerato di nome Burat (Rudolf Klein-Rogge) che, fuggito dai lavori forzati, si era fatto una nuova vita con il nome di Laussade. Mancano appena 24 ore e Burat è un felice proprietario di navi di lusso con una splendida moglie (Suzy Vernon) e un figlio piccolo. Ma tutto è destinato a precipitare quando dei poliziotti e una donna misteriosa (Francesca Bertini) salgono sulla nave e cercano di catturarlo! In un attimo tutto il passato dell’uomo ricade su di lui e si ritrova ad essere un ricercato sballottato dagli eventi. Dopo un attimo di sconforto viene salvato da un suo ex compagno di detenzione, il Detenuto 37232 (Camille Bert) e verrà poi portato alla presenza della donna misteriosa quando manca ormai poco tempo alla fine delle 24 ore. Vedendo le foto esposte, Burat capisce chi è la donna: si tratta di Gisèle, a cui aveva promesso amore eterno quando era fuggito dai lavori forzati e che poi aveva lasciato a casa senza più fare ritorno. Questa aveva avuto nel frattempo un bambino (morto) e si era poi data alla prostituzione di alto borgo per disperazione. Aveva poi deciso di ritrovare l’amato con ogni mezzo per costringerlo a tornare con lei. Burat rifiuta di tornare da Gisèle e questa chiama la polizia che accorre quando mancano pochi minuti allo scadere del tempo. Sarà proprio la donna invece a salvare l’uomo strappandogli la promessa di partire subito dopo assieme a lei. Ma questo non succederà… giunto vicino casa Burat chiede di poter vedere per l’ultima volta la sua dimora e qui Gisèle scoprirà l’esistenza del figlio piccolo dell’uomo che verrà poi sorpreso dalla moglie che gli chiederà di restare nonostante ormai sappia la sua vera identità. Gisèle, commossa, decide di fuggire e lasciare l’uomo alla sua famiglia…

Tu m’appartiens si può dividere in due sezioni: una prima prettamente noir dove la costruzione del dramma del personaggio è ben costruita e portata avanti almeno per una buona metà del film e una seconda legata ai ricordi e alla componente sentimentale che è, a mio parere, veramente deficitaria a livello narrativo e di resa e rischia di diventare quasi parodica. La sceneggiatura di Alfred Machard pesca un po’ di qua e un po’ di là con echi riconducibili a I Miserabili ma non solo. La parte realmente interessante, come detto, è proprio quella di costruzione della tensione per tentare di capire quale sarà il futuro del protagonista. Nelle parti a più alta tensione quasi a ogni stacco si vedrà l’orologio e il suo lento ma inevitabile scorrere fino alla salvezza di Burat. I personaggi sono molto interessanti ed enigmatici e la cosa interessante è che sono le donne ad essere forti mentre i personaggi maschili sono delle sorte di marionette in mano al volere altrui. Burat, dopo un guizzo di vitalità a seguito del tentativo di cattura, è un uomo incapace di prendere decisioni, sballottato di qua e di là in attesa che succeda qualcosa che reputa inevitabile. Egli è ormai convinto di aver perso tutto così accetta di essere catturato e poi di stare con Gisèle. Sarà poi lei stessa a lasciarlo sostanzialmente libero nel finale dopo che, ancora una volta, la moglie sembrava aver deciso per lui la sua permanenza.

Ci sono tante scene davvero molto belle e ben costruite come quella della Bertini che cerca di sedurre il poliziotto in attesa che passi la mezzanotte oppure la sua visione finale della famiglia felice e il suo allontanamento progressivo dalla finestra filmato con una telecamera in movimento che ne riproduce la soggettiva. Ancora la Bertini protagonista quando scopriamo la sua prostituzione attraverso lo scendere da macchine di lusso di diversi uomini. La fotografia è comunque in generale estremamente curata ma come a livello narrativo non mancano cadute di stile. La scena più grottesca è quella in cui un omaccione tenta di violentare Gisèle che prende l’acqua al pozzo. Vi lascio la gif perché è quasi impossibile da descrivere la goffaggine del tutto.

Tu m’appartiens è un film davvero bello che ha pagato il fatto di essere uscito nel 1929 quando ormai il sonoro aveva reso quasi vane le produzioni mute. Eppure forse proprio questo contribuisce al fascino della riscoperta di questo titolo dove possiamo vedere una Francesca Bertini ancora regale prima di iniziare il suo lento declino nell’incapacità di imporsi con il nuovo medium sonorizzato. La sua fuga finale con un urlo straziante di dolore è anche la sua fuga da un cinema che ormai la stava escludendo.

Rispondi