Mettete Carl Laemmle e Conrad Veidt insieme, aggiungete la descrizione che riporta un “horror-drama”, ed ecco che le aspettative su The Last Performance diventano subito altissime. Sto scoprendo la produzione muta di Pál Fejös solo in questi giorni e devo dire che lo sto trovando davvero molto interessante ma…questo non è un horror! Almeno, non lo è per un pubblico di oggi! Come tanti film visti e stravisti con Lon Chaney e magari regia di Tod Browning ci ritroviamo davanti ad un amore impossibile tra il protagonista e un’altra giovane e gli estremi risultati che questo sentimento può portare. Insomma niente di particolarmente originale a livello narrativo ma non altrettanto a livello registico.
Riporto brevemente la trama:
Erik il Grande (Conrad Veidt) è uno dei più importanti prestigiatori del mondo e sembra avere una vita invidiabile. Lo aspetta infatti una tournée negli Stati Uniti e tra qualche settimana potrà finalmente posare la sua amata Julie (Mary Philbin) che compirà i fatidici diciotto anni. Eppure non è tutto così facile. Da una parte c’è il suo assistente Buffo Black (Leslie Fenton) che sembra sempre intenzionato a tendergli un tranello, dall’altro ecco apparire dal nulla il giovane Mark Royce (Fred Mac Kaye) che, nonostante un passato losco, Erik prende sotto la sua ala ma che in realtà diventa presto l’amante di Julie. Il povero Erik scoprirà della tresca, per colpa di Buffo, proprio il giorno dell’annuncio del matrimonio e, con grandi doti attoriali, invece di arrabbiarsi annuncia pubblicamente il fidanzamento de due. Ma il mago non ha realmente accettato la cosa…
Il suo nuovo numero, la cassa trapassata dalle spade, sarà il modo per vendicarsi di quanto accaduto. Poco prima di entrare in scena Buffo e Mark litigano e poco dopo il numero non riesce e Buffo perde la vita. Vista la lite e il passato burrascoso del ragazzo, Mark viene arrestato portando Julie nella più cupa disperazione. Il giorno del processo, su insistenza della giovane, Erik rivelerà al giudice (Anders Randolf) di essere in realtà lui l’autore del delitto e si toglierà la vita prima di essere arrestato.
Come potete leggere la trama non è niente di originale e potrebbe rientrare in un’altra decina di film prodotti da Carl Laemmle. Oltre a questo resta il fatto che, almeno a me, continua a non essere chiaro come avrebbe fatto Erik a uccidere Buffo senza usare spade o ostruire l’uscita. Insomma, come capitato spesso nei film recensiti su questo sito, non è la storia ma sono le doti attoriali a salvare il film. MA c’è di più! Oltre a questo, come detto, ecco una regia matura e un uso incredibile delle macchine da presa perennemente in movimento e pronte a catturare dettagli ed espressioni che altrimenti andrebbero perdute. Il master del film, che credo comunque abbia subito un minimo di restauro nella digitalizzazione, è veramente pessimo e a volte i primi piani sono tagliati, ma questo non fa perdere a The Last Performance il suo fascino e la sua profondità. Se leggete la trama noterete inoltre che di horror c’è davvero poco. Cosa spaventava gli spettatori? Erik era in grado di ipnotizzare le persone e usare in maniera strana le sue doti magiche, inoltre non mancano toni cupi, però questo non mi sembra sufficiente a renderlo spaventoso neanche per la gente dell’epoca. Il suo essere soft può però aver attratto il pubblico in sala che poteva scegliere, così come per altri film di Fejös dell’epoca, la versione muta o sonora.
Tra le scene più belle: quella dell’ipnosi dove la macchina da presa si avvicina a Veidt e alla donna ipnotizzata per poi dare vita a una sovrimpressione che mostra il delirio della donna. Ancora il classico della scoperta della coppia con i due amanti che si ritrovano coperti dall’ombra dell’uomo tradito. Successivamente la macchina da presa si muove agevolmente tra piatti e bicchieri per andare incontro ai due nuovi fidanzati.
Pur presentando solo queste tre gif (oltre a tantissime immagini) tenete presente che sono bellissime anche le scene iniziali che mostrano con estremo dinamismo la disordinata organizzazione degli spettacoli teatrali di quel tipo tra persone che entrano ed escono e scenografie montate e smontate rapidamente con leve e meccanismi vari.
The Last Performance è un film lineare, scontato, ma ben realizzato e interpretato e che meriterebbe dunque di essere visto come uno dei punti più alti di questo genere. Se muovete i primi passi e volete avere un’idea dei film “horror” della Universal di quegli anni questo è sicuramente un esempio calzante, dinamico e ben riuscito. Se avete quindi voglia di recuperare il film potete fare una doppietta recuperando la versione restaurata di Lonesome, sempre di Fejös, della Criterion che include negli extra The Last Performance con musica di Donald Sosin.