Si torna in volo su E Muto Fu con un film pieno zeppo di aerei e… animali! Siamo nel 1923 e si decide di prendere un romanzo di Ricciotto Canudo, che sarebbe morto proprio quell’anno, e di metterlo in scena con grande dispendio di soldi e mezzi. L’idea è quella di presentare un film con riprese spettacolari in volo che possa portare gli spettatori al cinema sfruttando il fascino che questi velivoli avevano ottenuto nel corso del primo conflitto bellico e nel periodo immediatamente successivo. Per fare questo si chiama la pattuglia delle Cicogne guidate dal Conte Brocard. Ma la trama?
Hélène (Marthe Ferrare) perde il marito Raymat (André Bertoux) durante una esibizione acrobatica in aereo finita in tragedia e decide così di dedicarsi anima e corpo al mondo dei velivoli. Ad un certo punto passa addirittura ad essere la prima grande aviatrice di Francia e inizia a creare un legame sentimentale con Robert Vraie (Jean Murat). La strada non sarà in discesa viste le gelosie e i tentativi di sabotaggi da parte di Gaston Lager (Charles Vanel) e Diane de Kenn (Mary Harald).
Sebbene abbia riportato una trama più o meno coerente qui ci troviamo di fronte a un film che spende tutte le sue energie sulla parte visiva a totale discapito dello svolgimento della vicenda. Sinceramente ignoro quale fosse la coerenza e la validità dell’opera originale, ma il film butta dentro elementi di trama quasi a caso senza che ci sia alcun elemento psicologico o profondità narrativa. Sembra quasi che gli avvenimenti siamo solo intermezzi a continue riprese di velivoli alle prese con evoluzioni mozzafiato. A tal proposito bisogna dire che alcune riprese sono davvero ardite con le macchine da presa piazzate su altre macchine in volo (credo aerei, forse mongolfiere e forse anche su un dirigibile che si vede nella fase iniziale). Come vedete scritto all’inizio c’è anche, totalmente a caso, una forte attenzione verso gli animali con riprese insistite su un cagnolino e una scimmietta addomesticata. Perché? Un problema generale sono le transizioni tra una scena e l’altra a volte raffazzonate e poco curate che fanno veramente strano contando la cura nelle inquadrature in volo e in alcune sovraesposizioni.
Oltre a essere mal sviluppata, la trama per come ci viene presentata ha degli eventi problemi proprio a livello narrativo. Helene ci viene presentata come la protagonista assoluta ma finisce di fatto per diventare una coprotagonista nel finale quando, invece che crearsi una sfida al femminile, ci ritroviamo al classico duello d’onore tutto maschile ma questa volta in volo. L’evoluzione sentimentale della protagonista è piatta e retorica e anche il finale ci lascia con una strana frase arzigogolata che lascia intuire il futuro felice dei due giovani e un, finalmente, innamoramento di Helene ma senza chiarire nulla. A livello recitativo si percepisce tutta la legnosità che emerge dalla trama e i personaggi sono appena abbozzati. Gli attori non spiccano quindi particolarmente ed è difficile affezionarsi alle loro vicende.
Che dire quindi? Il film è un gran peccato: poteva essere una bella storia di emancipazione femminile con due donne diverse e a loro modo forti che si sfidano senza esclusioni di colpi e invece il film è un circo, anche se visivamente fantastico, che si chiude con la classica sfida machista per l’onore. Nessun filo narrativo si chiude in maniera soddisfacente e tanti se ne aprono senza addirittura chiudersi. I tanti, troppi buchi a livello narrativo e di profondità dei personaggi mi portano a sconsigliare L’Autre aile. Se volete comunque darci un occhio è disponibile sul sito della Cinématèque Française.