Il mistero di Sleepy Hollow ha popolato le mie paure fin dall’infanzia, prima con la versione animata di Vong Zeven e poi recuperando la mitica versione di Tim Burton. Da piccolo, ogni volta che intravedevo le immagini, ero subito preso da una paura ancestrale che non mi permetteva di andare troppo avanti. Inutile dire che quando, grazie a Niccolò, ho scoperto l’esistenza di una versione muta di questa storia non ho potuto fare a meno di vederla e parlarne. Partiamo dall’inizio: la vicenda era ben nota e apprezzata nei primi anni del cinema tanto che conosciamo ameno altri due adattamenti con il titolo The Legend of Sleepy Hollow, uno anonimo del 1908 e uno del 1912 diretto da Étienne Arnaud (entrambi perduti). Oltre a questo si ritrova un riferimento a Sleepy Hollow in un capitolo della serie di Rip Van Winkle dal titolo Rip Leaving Sleepy Hollow (1896) di cui restano una ventina di secondi su una lunghezza totale che doveva arrivare a un minuto circa. Nel corto si vede Rip con in mano una botte attorniamo da quelli che sembrano essere maghi (vedi qui). Spulciando IMDB esisterebbe inoltre una versione del 1921 di cui non si sa nulla se non che era stato prodotto dalla Post Nature Pictures negli Stati Uniti e una versione animata con protagonista Krazy Kat e dal titolo Sleepy Holler (1929). Di quest’ultimo rimangono purtroppo solo pochi fotogrammi e leggendo la trama non sembrano esserci riferimenti chiari alla storia di Washington Irving.
Possiamo finalmente passare alla nostra versione del 1922 che vede protagonista Will Rogers, attore comica che all’epoca era molto amato dal pubblico statunitense. Il film venne girato nella Hudson Valley e viene ricordato, più che altro, per essere stato il primo film ad essere girato in pellicola pancromatica. Il fatto che il protagonista sia un attore comico vi può far capire anche il generale mood del film.
Ichabod Crane (Will Rogers) giunge a Sleepy Hollow dove inizia a insegnare nella comunica locale. Appassionato di storie di streghe e fantasmi, nonché grande superstizioso, il giovane viene a conoscenza della leggenda del Cavaliere senza testa che, dopo essere morto durante la guerra d’indipendenza, farebbe ritorno sulla terra in cerca della propria testa mozzata. Nella comunità si trova anche la giovane Katrina Van Tessen (Lois Meredith), figlia de ricco Baltus (Bernard A. Reinold), che sembra gradire le sue attenzioni e lo invita spesso a mangiare a casa. Peccato che la ragazza stia in realtà frequentando un altro giovane, Brom Bones (Ben Hendricks Jr.), che decide dunque di vendicarsi del credulone insegnante. Giunta la notte mette sottosopra la scuola facendo credere che siano state le streghe. La comunità locale inizia a pensare che Ichabod possa essere in qualche modo legato al mondo paranormale e arrivano persino quasi a linciarlo quando Brom viene accusato da un bambino di avergli fatto una stregoneria. Dopo interminabili minuti eccoci finalmente verso il finale: Ichabod è invitato a una festa e ritrovatosi solo chiede la mano della giovane Aktrina che rifiuta. Uscito di casa indovinate chi fa la sua comparsa? Proprio il cavaliere nero, che lo insegue lanciandogli persino la sua testa scheletrica. Il maestro fugge senza fare ritorno e veniamo a scorprie che il cavaliere altri non era che Brom Bones deciso a liberarsi definitivamente del suo rivale. Il suo matrimonio con Katrina si può finalmente celebrare e, malgrado le dicerie locali sulla scomparsa di Ichabod, si viene a sapere che il maestro si è spostato a lavorare dall’altra parte del paese ma che comunque è vivo e vegeto.
Il film è di una lentezza esasperante e il cavaliere senza testa fa la sua comparsa solo all’inizio, con la tecnica dell’esposizione multipla (vedi gif), e sul finale. Lo spettatore si ritrova dunque a vedere un’enorme sfilza di momenti di vita comunitaria del villaggio piuttosto insulsa e rimane con la spasmodica voglia di vedere un qualcosa che compare solo alla fine e, diciamola tutta, delude. Il fatto di mettere tutto in chiave eccessivamente comica sicuramente non aiuta perché, a mio avviso, questo espediente spezza quella sensazione di tensione che avrebbe fatto de film un possibile rivale de Il Carretto Fantasma (Körkarlen) di Victor Sjöström (1921). Terminata la visione la mia sensazione è stata quella di un’occasione perduta. Per cercare di esplicitare meglio: non c’è solo un problema legato alla comicità ma anche a un’atmosfera generale e una modalità di mettere in scena che ricorda più i film degli anni ’10 che degli anni ’20. Ritroviamo insomma le solite inquadrature fisse e le composizioni statiche e un po’ irrigidite. Unica, forse, eccezione l’abbiamo durante l’inseguimento con una ripresa di Rogers che fugge a bordo del cavallo inseguendo la macchina da presa a bordo probabilmente di una macchina o un carro.
Per terminare: il film non è sicuramente imperdibile ma è sicuramente un modo per avvicinarsi a una storia che da sempre ha saputo emozionare e affascinare lettori e spettatori. Se volete potete recuperarlo facilmente su Youtube, oppure in una delle tante edizioni in DVD. Scordatevi l’alta definizione…