Con The Red Lantern, il Cinema Ritrovato ha omaggiato il cinema di Albert Cappellani, autore prolificissimo tra il 1915 e il 1922, e ad Alla Nazimova, star di Hollywood che non ha certo bisogno di presentazioni, che girò altri due film con il regista francese. La storia raccontata nel film è molto interessante e si basa sul romanzo omonimo di Edith Wherry che prendeva a sua volta spunto da una citazione della Ballad of east and west di Rudyard Kipling secondo cui “l’Est è Est, e l’Ovest è Ovest, e mai i due si incontreranno, finché il Cielo e la Terra si presenteranno infine al Grande Seggio del Giudizio di Dio”.
Mahlee (Alla Nazimova) è una ragazza cinese nata da padre americano di cui si ignora l’identità. Essendo di razza mista, la giovane viene discriminata dalla sua gente, in particolare per la grandezza dei suoi piedi (il padre lasciò del denaro per mantenerla ma a patto che non le venissero fasciati i piedi). Alla morte della nonna, Mahlee viene adottata dalla famiglia Templeton (Winter Hall – Mary Van Ness), americani che tentano di portare la cristianità in Cina. Qui conosce Sam Wang (Noah Beery), uomo di origine mista come lei ma estremamente sgradevole nei modi di fare. Egli è meno disincantato di Mahlee e cerca di convincerla ad unirsi alla causa dei Boxers, rivoltosi che vorrebbero cacciare gli stranieri dalla Cina, mostrandole l’ipocrisia degli occidentali che pur tollerando la presenza dei cinesi si credono comunque superiori. La conferma alle parole di Wang arriva quando Mahlee si innamora del figlio dei Templeton ma si vede rifiutata per il colore della sua pelle. Diventa quindi bandiera e simbolo della rivolta fingendosi la Dea della Lanterna Rossa e incitando alla battaglia il popolo cinese e la stessa imperatrice. Nel frattempo giunge alla missione anche Philip Sackville (Frank Currier) assieme alla figlia Blanche (Alla Nazimova). Questi si rivela essere il vero padre di Mahlee ma si rifiuta di riconoscerla rendendo ancora più attaccata alla causa dei Boxers la ragazza. Nel finale la rivolta fallisce e la falsa dea si suicida.
La storia, a livello di trama, si basa su una scelta illogica: perché Wang e Mahlee, due persone evitate da entrambe le loro genti di origine, dovrebbe diventare capi della rivolta dei Boxers, che comunque li avrebbero resi una sorta di reietti o addirittura avrebbero potuto fare pressioni per mandarli via una volta ottenuta la vittoria? Oltre a questo il messaggio non è proprio edificante. Il finale, in cui la Mahlee morente ripete al giovane Templeton la frase di Kipling, sembra inoltre sancire una impossibilità nell’unire le genti dell’est con quelle dell’ovest e sembra quasi giustificare la morte della protagonista e di Wang, perché ponti impossibile tra i due mondi. Proprio alla luce di questo The Red Lantern dovrebbe farci riflettere sulla reale possibilità di inclusione. Quanto sarebbe stato più semplice se Mahlee avesse potuto coronare il suo sogno d’amore? Invece il ragazzo che ama finisce per mettersi addirittura con la sua sorellastra del tutto simile a lei tranne che per il colore della pelle. Solo soffermandosi su questo desiderio di ingiustizia si può quindi ribaltare quella che sembra la morale del film e trasformarla in una di integrazione.