Quale miglior modo per unire il progetto dei film cechi e slovacchi con quello di fantascienza se non con una bella monnezza? Questo Melchiad Koloman è veramente molto molto brutto e il fatto di detenere il prima di prima produzione cinematografica fantascientifica in terra ceca non servirà certo a riabilitarlo.
Ci sono un ceco, un giapponese e un indiano che…no, sul serio, giuro che ci sono davvero! Il Professor Dobner (František Čekanský) è alla disperata ricerca del segreto di Melchiad Koloman (Josef Javorčák), un uomo capace di trovare il segreto della pietra filosofale poco prima di essere ucciso. Con l’aiuto del giapponese Nakahito (Vojtěch Záhořík) e del fachiro Arkaj (Josef Hořánek) cercherà di riportarlo in vita usando il giovane Marcel (Rudolf Liebscher) come cavia. Quest’ultimo farà in tempo ad iniziare una storia d’amore con Vlasta (Táňa Horská), la figlia di Dobner ,prima che l’esperimento abbia inizio. Il gran giorno il fachiro riesce a riportare in vita Koloman con l’aiuto anche di strani macchinari elettrici inventati da Dobner. Koloman scrive la formula ma scompare armeggiando con le macchine di cui sopra; Nakahito tenta prima di avvelenare Dobner e poi a seguito dei danni provocati da Koloman muore in un incendio che distrugge e rende inaccessibile il laboratorio. Dobner si ritrova così nuovamente senza pietra filosofale ma diventerà nonno con la figlia felice dopo il matrimonio con Marcel.
Il film è veramente acerbo sia dal punto di vista della macchiettistica trama che per quanto riguarda la fotografia. La telecamera è statica, a volte decentrata, alterna primissimi piani a riprese in cui i personaggi sono eccessivamente lontani dalla stessa. Non credo sia un caso che questo sia stato il primo e unico film di Rudolf Liebscher. Ho davvero poco altro da dire, se non fosse per le mie manie di completismo me lo sarei volentieri evitato. Melchiad Koloman è un inno al mio masochismo.