Finita la guerra finisce anche il divertimento per Jean Durand e i Pouittes. Durante la guerra il nostro regista, per via di un’operazione che aveva subito durante il servizio militare giovanile, non vedrà mai il fronte facendo prima servizio da guardiano di magazzini e poi inizia a girare qualche film propagandistico sul finale della guerra. Terminato il conflitto tenta di riprendere la sua carriera registica ma il suo cinema non è più quello che viene ora ricercato. Passa dal girare film con protagonista la moglie Berthe Dagmar e i soliti animali feroci a fare una nuova serie comica di breve e scarso successo (ma perduta) con Serpentin di Marcel Levesque. Ma l’ultimo successo arriva con film che sono totalmente diversi da quanto siamo abituati a vedere. Ci sono attori famosi, budget alti e trame articolate e drammatiche. E i Pouittes? Furono molto colpiti dalla guerra: Edouard Grisollet aveva perso una gamba; Ernest Bourbon e Lucien Bataille erano ormai verso la via dell’oblio ma cercavano però di arrabattare qualche ruolo secondario prima di scomparire; Pollos e Max Bonnet diventeranno attrezzisti; Darmaine divenne addetto delle pompe funebri; Paul Castanet (operatore degli Onésime) morì nel 1917 dopo un lungo periodo di sofferenza e pazzia dovuta alle ferite subite. Per chi ha visto J’Accuse saprà che la sorte di Castanet non era certamente un unicum: lo stesso Charles Durand, fratello del regista, perderà la ragione dopo essere stato, dice Lacassin, “sotterrato vivo per due volte da esplosioni di obice”.
L’apice lo raggiunge probabilmente con il, credo, perduto L’Île d’amour (noto anche come Bicchi – 1928) con attori che hanno o avranno avuto un grande avvenire come con Pierre Batcheff, Thérese Kolb e Mistinguett. La protagonista era in realtà Claude France che nello stesso anno si era suicidata e questo sicuramente contribuì al successo del film, ma in genere la critica fu molto positiva. Cosa straordinaria venne apprezzato sia da riviste popolari come “Mon Ciné” così come da una rivista cinefila come “Cinéa-Ciné pour tous”. Lucie Derain lo definisce un film “Molto piacevole, bello da vedere, luminoso e con quadri di grande classe” e dice che “è un grande e buon film francese che è quanto di meglio si fa nel genere commerciale”. Non poter vedere questo film mi crea grande sofferenza!
Miglior fortuna ebbe il successivo La Femme rêvée (it. la donna sognata 1929) che è stato anche editato in DVD e Bluray anche se la sua reperibilità, a prezzi tutt’altro che contenuti, mi è costata un salasso in tempi di magra. Questa fortuna non è però stata accompagnata da un successo tale da permettere al film di essere ricordato nella storia del cinema. La Femme rêvée è veramente ambizioso e, rispetto alla tradizione durandiana a cui siamo abituati, vede la presenza di divi come Arlette Marchal, Alice Roberts, Charles Vanel e soprattutto il ballerino Harry Pilcer, noto per essere stato il partner di Mistinguett.
Abbiamo due incroci relazionali. Da una parte a Parigi abbiamo Angel Caal e Suzanne Fleury (Charles Vanel – Arlette Marchal), una coppia borghese parigina; dall’altra Mercedes e Mariano (Alice Roberts – Tony D’Algy), lei rinchiusa in casa e destinata a una vita monastica ma innamorata segretamente, come lui del resto, del giovane torero e mandriano. Tutto è destinato però a scombinarsi perché Angel è costretto ad andare per affari in terra ispanica ma ha un incidente vicino alla magione dove abita Mercedes. Perde la vista e per diversi giorni viene accudito da lei e se ne innamora. Decide allora di portarla a Parigi come sua nuova fidanzata arrivando persino a sposarla. Eppure, seppure lei sia per Angel sensuale e desiderabile manca totalmente di quel savoir-faire che invece aveva Suzanne. Quest’ultima, per altro, malgrado le apparenze non ha preso bene il fatto di essere stata messa da parte. Decide allora di gettare Mercedes nelle mani del ballerino Harry (Harry Pilcer) che si è invaghito di lei. Grazie ad una buona costruzione tutti, compreso lo spettatore, sono convinti che tra i due ci sia stato effettivamente qualcosa e così Angel la ripudia costringendola a tornare nella sua Andalusia da Mariano. Finita qui? No perché Harry rivela la verità (comprese le macchinazioni di Suzanne) ad Angel che pentito torna di corsa durante un terribile temporale dalla sua amata Mercedes. Vista dai panni di Mariano il finale è straziante. Durante il temporale il giovane, che pensa di poter finalmente coronare il suo sogno d’amore, è uscito di corsa per radunare le mandrie e metterle in salvo dalle intemperie. Quando torna trova marito e moglie di nuovo uno nelle braccia dell’altro. L’ultima scena lo vede allontanarsi mestamente mentre i due, tornato il sereno, partono in macchina verso Parigi.
La storia è portata avanti troppo per le lunghe ed è davvero un malus contando quanto sia stereotipata e prevedibile. Ma sapete? Qui quantomeno questa cosa è un po’ bilanciata da una fotografia deliziosa (come testimoniata dalle mille immagini), scenografia molto curata e attori di rilievo. Un po’ come nei film di André Antoine di cui ha parlato Yann qui troviamo una voglia di girare nei luoghi dove si svolgono gli eventi con inserti documentaristici. Ma Durand non è Antoine e la storia è ambientata per lo più negli interni e, soprattutto, l’ambientazione generale è assolutamente borghese. Le scene sono girate in Andalusia, a Nizza, nuovamente nella Camargue (vedi articolo dedicato al Western francese) e a Parigi.
Come noterete il film riprende la passione dei francesi per i film d’amore con protagoniste donne spagnole. Qui però Mercedes manca totalmente di tratti caratterizzanti del genere: non è una donna fatale e meschina, non porta sostanzialmente il ventaglione o balla. Per certi versi si trova, anzi, un giudizio morale negativo per quel mondo perché Mariano, nonostante nel finale faccia tenerezza, è in realtà uno sciupafemmine e le ragazze che danzano sono viste, appunto, come donnacce. Mercedes è la migliore perché è sostanzialmente tutta casa e chiesa e i suoi problemi iniziano quando inizia ad affacciarsi alla vita mondana (per altro per colpa del marito!).
Vedere questo film al termine di un lungo percorso in compagnia di Jean Durand permette di notare tutta la sua evoluzione e fa riflettere su quanto avrebbe potuto dare al cinema se si fosse dedicato, invece che alla quantità, a film di maggiore qualità e profondità.
Che fine farà Jean Durand? Non sarà forse il sonoro a tagliarlo fuori dai giochi anche se pubblicherà fuori tempo massimo un Détresse (1929) quando le sale cinematografiche saranno ormai attrezzate al solo sonoro. Probabilmente Leonce Perret gli avrebbe dato la possibilità di cimentarsi con il nuovo “genere” ma fu lui a ritirarsi dal cinema con una lettera telegrafica per via del peggioramento de problemi cardiaci della moglie. Berthe Dagmar morirà il 20/01/1934 a 52 anni lasciando Durand solo, povero e disorientato. I suoi amici, secondo quanto riportato da Lacassin, dicevano che era lei a smuoverlo e fargli fare cose. Dovette pensarci il fratello Joseph che darà al fratello Jean una sorta di compenso per occuparsi di Charles Durand nei suoi ultimi anni di vita. Alla morte di quest’ultimo Jean subaffitterà parte della casa a degli studenti e verrà trovato senza vita da uno di questi una mattina del 10 marzo 1946. Terribile la chiusa del libro di Lacassin con cui chiudo a mia volta questo ciclo di articoli:
“La seconda morte di Jean Durand avrà luogo l’anno dopo. Louis Durand aveva sistemato gli archivi dello zio in una tettoia situata in giardino. Due bauli di vimini contenenti note illustrate, fotografie, sceneggiature, corrispondenza, articoli su di lui, una copia dei giornali e riviste che avevano pubblicato i suoi testi o disegni, e, ahimè, alcune bobine di film. Hanno preso fuoco spontaneamente e hanno ridotto in cenere tutto ciò che avrebbe permesso ai posteri di avere una conoscenza precisa della carriera di Jean Durand”.
Bibliografia e sitografia:
- Abel R., The Ciné Goes to Town: French Cinema, 1896-1914, Updated and Expanded Edition, California 1998.
- Chirat R., il western francese parla, in Bianco&Nero LVIII, 1997
- Lacassin F., Alla ricerca di Jean Durand, Recco, 2004.
- Philippe P., La Femme Rèvée, per il catalogo delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone.