Procida nel 1926: la Graziella di Marcel Vandal

graziella_1925Procida capitale della cultura 2022 ha il suo spazio anche nel cinema muto grazie a un romanzo del 1852 che ha reso questa isola immortale e sempre presente nel cuore dei francesi e non solo. Da figlio di residente a Procida sono molto legato a quest’isola che ha saputo farmi passare giornate felici tra mare ed esplorazioni ed era dunque impossibile per me evitare di renderle omaggio a modo mio. Del romanzo autobiografico Graziella di Alphonse de Lamartine (1852) esistono due trasposizioni mute: una del 1917 con regia di Mario Gargiulo e con Tina Xeo nei panni della giovane procidana, credo perduto, e la trasposizione francese di cui parleremo oggi. La cosa bella di quest’ultima è che è stata girata in gran parte a Procida anche se con degli strani stravolgimenti e inserimenti di riprese, estremamente riconoscibili, di Capri (i mitici Faraglioni) e Ischia, dove la vista del Castello Aragonese diventa il luogo del fittizio sbarco a Procida. La stranezza, dicevo, è che, nelle fasi iniziali del film, ci ritroviamo catapultati a Procida percorrerendo Via San Rocco fino a scendere giù verso discesa Graziella per arrivare alla celebre Corricella ma dalle didascalie ci viene detto che quella è Napoli. La casa della giovane procidana è posta nel film da qualche parte sulla Punta di Pizzaco, come dimostra una una vista verso Terra Murata, dove la leggenda vuole fosse situata. Non manca inoltre una ripresa fatta dal celebre belvedere dei cannoni sulla strada che porta poi verso Palazzo d’Avalos e l’Abbazia di San Michele Arcangelo.

Nel corso dell’articolo vedrete alcune immagini del film con accostata la Procida del 1926 e quella odierna. Potrete così vedere le diverse modifiche più o meno nette (per esempio nella Corricella era totalmente assente la scalinata che porta verso Via Marcello Scotti). Nella vista generale dai cannoni si nota subito la mancanza della cupola del Santuario di Santa Maria delle Grazie Incoronata che sarebbe stata fatta solo nel 1928. Nel film vediamo inoltre lo storico Cristo dei pescatori, il crocifisso di Marina Grande che è stato restarauto pochi anni fa. Le foto di Procida sono state scattate da Carolina Caterina Minguzzi.

Torniamo dunque alla nostra versione di Graziella del 1926 diretta da Marcel Vandal, con Nina Vanna nel ruolo di Graziella ma soprattutto il mitico Antonin Artaud (il teatro e il suo doppio tra le sue tante opere) nel ruolo di Cecco, il fidanzato di Graziella. Forse proprio la presenza di quest’ultimo ha dato la possibilità al film di sopravvivere e giungere fino a noi! Riporto brevemente la trama che, rispetto al romanzo originale, parte direttamente dal momento in cui Lamartine e Virieux sono a Napoli.

Il giovane Alphonse de Lamartine (Jean Dehelly) è a Napoli con il suo amico Virieux (Michel Sym) dove, ispirato dalla bellezza del luogo e dall’autenticità della gente, decide di provare la vita del pescatore. I due giovani si recano dunque dal vecchio pescatore Andrea (Raoul Chennevières) e chiedono di potersi imbarcare. Dopo qualche esitazione l’uomo accetta e inizia così l’esperienza dei due francesi come pescatori. Veniamo a conoscenza del fatto che Andrea, assieme alla moglie (Madame Sapiani), si occupa di Graziella (Nina Vanna), Beppo (Georges Chebat) e degli altri nipotini a seguito della dipartita prematura dei loro genitori. Per cercare di uscire dalla miseria, Graziella si sposerà presto con Cecco (Antonin Artaud) il cui padre è un personaggio importante del luogo (Jacques Révérend). La famiglia di Andrea si divide tra Napoli e Procida in base alla stagione ed è proprio a Procida che la vita di Lamartine cambierà. Un giorno una terribile tempesta distrugge la nave di Andrea che si ritrova così nell’isola con la sua famiglia ma senza il suo mezzo di sostentamento principale. Commosso e grato per l’occasione che gli era stata concessa, Lamartine decide di acquistare alla famiglia una nuova nave ottenendo così la loro riconoscenza. Lamartine e Graziella diventano sempre più intimi ma ad un certo momento arriva il giorno in cui si deve tornare a Napoli e i due smettono di frequentarsi per un certo periodo. La mamma di Lamartine (Sylviane de Castillo) vuole rivedere il figlio ma il giovane, pur perdendo la compagnia di Virieux, decide di restare a Napoli. Sarà una malattia a riavvicinare nuovamente il ragazzo a Graziella anche se è sempre più chiaro che il giovane non resterà per sempre. In una notte avviene di tutto: il fidanzamento ufficiale tra la ragazza e il suo promesso Cecco e la partenza improvvisa di Lamartine dopo una lettera in cui viene a sapere che la madre è in punto di morte. Il ragazzo parte lasciando una lettera alla giovane in cui promette di tornare. Nel romanzo vi era una fuga di Graziella per rifiutare il fidanzamento, con Cecco che si tirava dunque indietro, e un ulteriore avvicinamento tra la ragazza e Lamartine prima della partenza. Quel che non cambia è che il giovane francese, tornato a casa, si dimentica sempre più della sua avventura procidana finché una sera non riceve una lettera. In essa scopre che Graziella è malata e in fin di vita e che, prima di morire, lo esorta a non dimenticarla. Nel finale Lamartine, ormai anziano (Émile Dehelly), ripensa alla vicenda e scrive la celebre chiusa:

I cespi di viola vi nascondono un nome che nessuna eco ha mai ripetuto! Eppur talvolta il passante, arrestandosi, vi legge tra le erbe una data e un’età, e sentendosi salire una lagrima agli occhi dice: “Aveva sedici anni! Troppo presto per morire!“.

Graziella di Vandal ha il pregio di essere estremamente scorrevole raccontando, con delicatezza, la storia di Lamartine. Lo spettatore, pur se limitato dalle immagini in bianco e nero (in realtà il master è imbibito), si ritrova spiazzato dalla bellezza dei paesaggi di Procida, Ischia e Capri e non può che sognare di raggiungerle il prima possibile. Il regista mostra di avere un tocco molto delicato ma personale e una capacità nel saper dirigere scene anche molto diverse tra loro tra balli con il tamburello (più una tarantella che una tammurriata procidana), scene di tempesta, intensi primissimi piani e così via. Tra le scene più evocative vi è un rimando interno al film: quando la famiglia di Graziella perde la nave la giovane dice di aver visto una lacrima negli occhi di Lamartine ed è proprio quella lacrima che esce sul finale quando il giovane scopre della morte della ragazza che ha amato.

Vandal mostra di avere una certa nota naturalista e la gran parte delle riprese sono fatte all’aperto. Questa carattestica ha portato il regista a voler girare proprio in loco le scene dandoci la possibilità di vedere tanti splendidi paesaggi locali impreziositi, come potete vedere qui sotto, anche da riprese di Capri e Ischia.

L’amore della Francia e dei francesi per l’isola di Procida ha radici lontane, rafforzate anche dalla sua presenza nella celebre Guide Routard che da ormai cinquant’anni guida i turisti che amano camminare con lo zaino in spalla. Proprio dalla Francia arriva quindi un documento che ci permette di vedere una Procida perduta della metà degli anni ’20 del ‘900. Una Procida da amare, comparare e riscoprire.

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