Con La Divine Croisière (1929) facciamo un doppio ritorno. Da una parte torna infatti Julien Duvivier, regista eclettico capace di regalarci già tanti film interessanti, dall’altra c’è il ritorno della mia amata Bretagna. Piccola premessa: nel film non è mai specificato che si tratta di Bretagna, il film è però girato in parte lì e i riferimenti, tra cui quelli del vestiario delle donne, è assolutamente quello. Cosa poteva esserci in un film ambientato in quelle terre? Due elementi: l’oceano e la religiosità.
L’armatore Claude Ferjac (Henry Krauss) si è arricchito quasi per caso e ora ha preso sostanzialmente possesso del suo villaggio dove spadroneggia sui suoi vecchi compagni di bagordi. La sua avidità è tale che è disposto a far salpare la sua “Cordilliere” anche se ha danni strutturali importanti e rischia di non fare ritorno. Del resto che importa se l’assicurazione paga i danni? Jacques de Saint-Ermont (Jean Murat), capitano della nave e uomo d’onore, cerca di far cambiare l’idea al padrone ma senza successo provocando la dolorosa ira di Simone (Suzanne Christy), figlia di Ferjac che ama Jacques e ha un rapporto di positiva collaborazione con tutto il villaggio. Il giorno della partenza si unisce alla ciurma Mareuil (Thomy Bourdelle), che subito si rivela essere una mela marcia e arriva a portare all’ammutinamento l’equipaggio sotto la promessa di far arricchire tutto vendendo l’alcol presente in stiva. Uno degli uomini fedeli a Jacques viene buttato in mare e viene ritrovato dopo qualche giorno. Questo porta tutto il villaggio a credere che la nave abbia fatto naufragio e tutti siano morti scatenando una ribellione. Intanto sulla “Cordilliere” regna l’anarchia e la nave, durante una tempesta, fa effettivamente naufragio ma i marinai sopravvivono e iniziano una vita di fortuna su un’isola deserta. Il capitano riacquista la sua credibilità e Mareuil si ritrova presto isolato. Intanto nel villaggio Simone inizia un’opera di restauro della Maris Stella, la Madonna che guida i marinai. Questa gli appare dunque in sonno e la invita a prendere una nave per andare a recuperare i dispersi. Dopo una lunga opera di convincimento la ragazza insieme al prete locale (Louis Kerly) e altri marinai salpano per una missione di salvataggio. Quando le speranze stanno per essere perdute e la ciurma ha perso la speranza, un incendio provvidenziale rivela ai naviganti l’isola sperduta dove sono dispersi i naufraghi che, proprio nel giorno di festa religiosa, torneranno salvi a casa. Ferjac, ormai redento, chiede scusa a tutta la popolazione e apre al matrimonio tra Simone e Jacques.
Quello che colpisce in La divine croisière è la maturità di Duvivier e dei due curatori della fotografia André Dantan et Armand Thirard nel riuscire a catturare in maniera incredibilmente vivida momenti di vita e situazioni assolutamente diverse tra loro. Abbiamo ambienti chiusi estremamente sfarzosi, scene all’aperto di povertà assoluta, scene in mare, incendi, scene di massa e dove sono invece presenti solo uno o massimo due personaggi. Ogni momento è però perfetto nella sua realizzazione e questo supera anche quei momenti di religiosità meno digeribili. Come detto anche nella puntata del podcast Cineh, dedicata alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone 2023, c’è però una differenza tra le religiosità dei film statunitensi o anche svedesi, dove si avverte un puritanesimo di fondo giudicante, e questa religiosità che è umile, semplice e strettamente inserito all’interno della narrazione. Simone viene inizialmente creduta pazza di fronte al suo fervore religioso, all’idea che la madonna del mare le abbia indicato la strada. Durante la traversata molti perdono la speranza. Ma proprio quando tutti si mettono a pregare ecco il miracolo, un miracolo dovuto in realtà al dramma dell’incendio provocato dal malvagio Mareuil che poi morirà, ignorato da tutti, nelle sabbie mobili in una scena veramente ben realizzata e drammatica.
Nel film, che ricordiamo è una sceneggiatura originale di Duvivier, troviamo tutte le tipologie di vicende umane: il ricco insensibile e la ricca giovane invece vicina ai poveri; i poveri con voglia di sollevarsi dalla loro condizione sociale, che insorgono contro il padrone, altri invece che, spinto dal desiderio di denaro, non esitano a fare ammutinamento e seguire persone poco raccomandabili. Si passa da alcol e bagordi alla religiosità più “ortodossa” e ogni personaggio ha una sfumatura personale e unica di tutte queste sfaccettature elencate. Con questo non voglio dire che non ci siano macchiette o stereotipie, ma sicuramente molto meno che in tanti altri film della stessa durata.
Come detto tantissime sono le scene ad effetto: la tempesta che porta al naufragio della “Cordilliere”, la scena della sommossa nella villa di Claude Ferjac con il tentativo di ucciderlo e dare fuoco a tutto che termina di fatto con un nulla di fatto ma tanta paura. Questo è però l’inizio della lenta presa di coscienza dell’armatore della sua malvagità che porta alla fine alle scuse nei confronti della madre di uno dei suoi dipendenti morti. L’odio della popolazione per Ferjac e l’amore invece per la figlia Simone è uno dei punti cardine di tutta la narrazione. Non possiamo dimenticare il momento in cui Simone accusa il padre di essere un assassino con il suo dito inquisitore e accusatore che lascia spazio con una esposizione multipla al mare e ai morti, quasi degli zombie ante litteram, che sembrano voler avanzare verso di lui. Tutta la prima parte è in realtà estremamente ad effetto tra un tentativo di omicidio, rincorse e la rappresentazione del dolore della povertà con tanto di morte ignorata dall’armatore che non si fa alcuno scrupolo. Alla fotografia si alternano primissimi piani a inquadrature ad ampiezza ben maggiore, con un movimento che accompagna lo svolgimento della vicenda.
Concludendo La divine croisière è un film girato e realizzato con una cura estrema e che riesce a rappresentare degnamente la Bretagna e la sua gente. Non importa se tutto è poi risolto attraverso una sorta di deus ex machina salvifico, perché l’espediente è ben inserito all’interno del contesto socio-culturale. Incredibile pensare che il film fosse stato tagliato in alcune parti (la sommossa e l’ammutinamento) e poco distribuito in una versione di appena 40 minuti. Dobbiamo ringraziare l’EYE Filmmuseum, la Lobster e il CNC per aver unito le loro forze e i loro frammenti per restaurare completamente il film.
Vorrei segnalarvi che questa notte su arte verra’ trasmesso l’altro film a carattere marinaresco proiettato alle giornate del muto di quest’anno, e cioe’ Pêcheur d’islande di de Baroncelli tratto dal libro di Pierre Loti. Aveva suscitato qualche sorriso in sala perche mare in francese e’ femminile mentre nelle altre lingue della traduzione no. Il protagonista infatti (Vanel) si voleva sposare col mare. Mi e’ parso un gran bel film
Grazie mille per la segnalazione!
https://www.arte.tv/fr/videos/113532-000-A/pecheur-d-islande/