Lev Kulešov viene giustamente ricordato per il suo grande contributo dato al cinema russo, ma anche internazionale, in particolare per i suoi studi relativi al montaggio. Per capire l’importanza di questo personaggi basti pensare che, tra i suoi allievi, figurarono nomi quali Sergej Ėjzenštejn. Presentarlo con questo film non è forse il modo migliore visto che ho trovato Luch Smerti a tratti veramente oscuro e poco piacevole. La trama è frutto di un adattamento di Vsevolod Pudovkin (anche lui allievo di Kulešov) del racconto omonimo di Aleksej Nikolaevič Tolstoj.
Luch Smerti è di fatto una storia di spionaggio all’americana con una spruzzata di fantascienza. Un gruppo di fascisti/nazisti guidati dal perfido Padre Revo (Vsevolod Pudovkin) cerca di rubare un raggio mortale sovietico per scatenarlo contro gli ignari operai della fabbrica ‘Helium’. Il giovane rivoluzionario Thomas Lann (Sergei Komarov) accorrerà in loro aiuto…
Spiegare la trama nel dettaglio risulta praticamente impossibile: il film è costellato da scene altissima velocità condite da un numero imprecisato di personaggi spesso poco riconoscibili, tanto che, in certe scene, capire di quale fazione facciano parte diventa un’impresa. Quello che colpisce è proprio l’idea di movimento che accompagna tutto il film, caratterizzato da un ritmo incalzante, in alcuni tratti frenetico. Ma questo particolare, che probabilmente ne determinò anche il successo all’epoca, lo rende indigesto adesso anche in virtù della cattiva qualità della versione VHS da me visionata (che a quanto mi risulta è l’unica disponibile). Nel complesso il film è oscuro e lascia tantissimi punti interrogativi riguardo lo svolgimento degli avvenimenti che a tratti sembrano addirittura slegati tra loro. A complicare le cose bisogna ricordare che la prima e l’ultima parte del film sono mancanti. Spezzando una lancia a favore di Kulešov va detto che l’intento principale del regista era quello di sperimentare e certamente in questo vi riuscì perfettamente. Non penso ci sia molto di simile a questo nella produzione di quel periodo. Nel film recitano anche lo stesso Kulešov oltre che il grandissimo Pudovkin nel ruolo di uno splendido Padre Revo.
Per concludere possiamo sintetizzare dicendo che si tratta di un film di interesse principalmente per un pubblico specializzato, proprio per l’ampia sperimentazione nel montaggio. Per gli altri il film potrebbe risultare veramente indigesto, mancando totalmente il salvagente dato dalla trama. La mancanza del finale, inoltre, lascia decisamente l’amaro in bocca.
Aggiornamenti 2020: ho rivisto il film e, devo dire, che a distanza di sette anni mi è piaciuto ed ho apprezzato molto di più la bellezza del montaggio estremamente curato e, confermo, frenetico. Fortunatamente, rispetto alla terribile edizione vhs che ho visto all’epoca, esiste una versione restaurata della televisione russa che rende ulteriore merito a questo film davvero particolare. La musica di accompagnamento è un po’ strana ma nel finale è davvero ben riuscita, cosa che non avrei mai creduto possibile dopo i primi minuti un po’ psicotici. Oltre a questo, splendida notizia, c’è un finale anche se mancano gli ultimi minuti non indispensabili che sono però raccontati tramite didascalie. Il duello finale è però parzialmente assente e non sappiamo che fine faccia Padre Revo. Mi ritrovo perfettamente nel commento di Danilo Magno, che ho scherzosamente associato a una possibile breve critica del New York Times come da prassi in alcune locandine dei film: “Non si capisce una mazza ma è tutto bellissimo”.
Curiosità: nel film i nazisti sono chiamati di continuo ‘fascisti’. Va considerato come spesso all’estero, come appunto nelle zone dell’ex unione sovietica, il termine fascista venga utilizzato indistintamente per includere nazisti e fascisti. Di certo è incredibile veder usata una svastica nel 1925 per indicare un’associazione di estrema destra che mina alla stabilità dello stato!
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