Durante il Cinema Ritrovato si fanno sempre scoperte curiose e questa è una di quelle. Personalmente amo molto il cinema di Kulešov e ho avuto modo anche di vedere film con attrice la moglie, Aleksandra Chochlova. Ignoravo però avesse diretto anche alcuni film, purtroppo molto pochi, sulla spinta dello scrittore Viktor Borisovič Šklovskij che le propose di adattare tre dei suoi racconti. Due di questi sono stati appunto proiettati durante la rassegna ed andiamo rapidamente a vederli. Il primo è corto e non segue una vera e propria trama, il secondo, Saša, ha una narrazione più sviluppata ma è purtroppo mancante del finale.
– Il caso dei fermagli (Delo s zastežkam – Дело с застёжками) – Aleksandra Chochlova (1929)
In questo primo film scopriamo una critica interessante alla borghesia, quello di essere religioso per pura convenienza. E lo dimostrano i fatti perché la protagonista di questa vicenda, una vecchia “santona” super ortodossa (Galina Ivanovskaja) decide di prendere tre ragazzi affamati (A. Bavrin, Pëtr Galadžev e un terzo ignoto) per distruggere una vecchia sauna in legno in disuso. Ovviamente non solo li pagherà pochi soldi, ma non gli concederà neanche un briciolo del cibo che la sua domestica sta preparando in grande quantità e che, presumibilmente, neanche era necessario fare visto che l’unica abitante della casa è proprio lei. Vi è inoltre un altro episodio curioso. La vecchia, mentre i ragazzi lavorano, inizia a leggere ad alta voce la Bibbia. Uno dei tre si siede dunque ad ascoltare e in poco tempo è rapito dal racconto. Verrà però a crearsi uno stacco netto tra realtà e religione quando il giovane, tra i racconti di sacrifici a base di carne e il cibo preparato intorno a lui, scapperà via urlando di avere una fame terribile e non farcela più.
Chi ha tanto non vuole dare nulla, chi ha poco non riceverà nulla. Non c’è spazio per la religione perché essa è solo un mezzo per rassicurare i ricchi ma non solo! Con una didascalia piuttosto curiosa scopriamo che è anche il luogo migliore dove spicciare il denaro!
La Chochlova fa larghissimo uso dell’effetto Kulešov, in particolare alternando nel montaggio le immagini del cibo alle espressioni dei tre ragazzi. Si distacca però dal marito perché aderisce ad uno stile molto realista e richiede agli attori di abbracciare le celebri teorie di Stanislavskij. Come scritto nel catalogo di questa edizione, la Choclova raccontò che, dopo la consegna di Delo s zastežkam, le chiesero dove avesse trovato dei veri vagabondi per le riprese e lei dovette ammettere che si trattava, in realtà, di attori e studenti di cinema. Qualcosa di straordinario che mostra quanta sensibilità e quale tocco avesse l’artista anche come regista.
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– Saša (Саша)- Aleksandra Chochlova (1930)
In questa seconda storia protagonista è la giovane Saša (Marija Sapožnikova), una semplice ragazza di campagna alle prese con una storia più grande di lei. La giovane è infatti stata spinta ad allontanarsi dal ricco del villaggio dopo che il marito (P. Il’in) è stato accusato, probabilmente ingiustamente, di aver ucciso il maestro del villaggio. Giunta in città si ritrova talmente sperduta da tentare il suicidio. Viene salvata da Papel’nik (Andrej Fajt), un poliziotto dal cuore d’oro che, nonostante l’ostruzionismo del ben più malvagio Ivan Semënovič (Pëtr Galadžev), riesce a trovarle un lavoro come tuttofare in caserma. Un giorno Saša ha un malore e si scopre che aspettava un bambino. Solo ora la giovane racconta a Papel’nik e alla moglie la sua storia e lui prenderà a cuore la causa tanto da farle fare la deposizione all’ispettore che si occupa della pratica. Questo, però, creerà fastidi al poliziotto perché Semënovič convincerà i superiori che il giovane sta venendo manipolato. Per evitare problemi alla persona che si è rivelata così gentile con lei, Saša decide di fuggire e qui si interrompe purtroppo quello che ci resta del film.
La Chochlova ha una grandissima attenzione per i primi o primissimi piani con i quali riesce a trasmettere le emozioni, a tratti esasperate, dei personaggi. Molto interessanti le riprese, quasi fuori fuoco e con inquadratura imperfetta, relative all’arrivo di Saša in città, colta da un senso di sopraffazione e disagio di fronte alla moltitudine di persone che si trova intorno e l’impossibilità di capire dove andare seguendo le false indicazioni che il ricco del villaggio le ha fornito. Anche qui ritroviamo quell’attenzione al realismo che avevamo sottolineato nel film precedente e il personaggio di Saša, nella sua semplicità e ingenuità, è veramente ben rappresentato.