Verso Oriente (Till Österland) – Gustaf Molander (1926)

tillosterlandEra il 2014 quando tra fine settembre e inizio ottobre mi dedicai alla mitica trasposizione del romanzo Jerusalem di Selma Lagerlöf fatta in quattro parti sotto la regia di Victor Sjöström prima e Gustaf Molander poi. Peccato che arrivati al terzo episodio il quarto risultava introvabile. Ho penato veramente tantissimo per vedere finalmente la conclusione e ho persino pensato che il film, sebbene risultasse superstite, in realtà non lo fosse. Ho quindi scritto anche alla cineteca svedese dove mi hanno gentilmente fatto sapere che era effettivamente sopravvissuto seppur in versione mutila e che ci avrebbero messo mano successivamente. Non so se il giorno è giunto o meno, ma è iniziata a circolare una copia digitalizzata di appena trenta minuti sui 90′ circa di lunghezza della versione originale. Capire qualcosa della trama non è però difficile e per decriptare quanto capita ho fatto fede alla trama del romanzo di origine.

Ma prima di cominciare: dove eravamo rimasti? Ingmar Ingmarsson (Lars Hanson), seppur innamorato di Gertrud (Mona Mårtenson) è stato costretto a sposare Barbro (Jenny Hasselquist) pur di riottenere la fattoria di famiglia. Gertrud, distrutta dal dolore, aveva dunque deciso di seguire un inquietante predicatore* fino a Gerusalemme. (*il predicatore in Ingmarsarvet era Conrad Veidt, qui è assente o comunque interpretato da un altro attore)

L’inizio del film vede proprio una Gertrud molto poco lucida arrivare a Gerusalemme dove, se si fa fede al romanzo, entra a far parte della colonia dei Gordoniani. Iniziano però a circolare voci di folli riti peccatori all’interno della comunità e questo, nel romanzo, provoca in Gertrud un peggioramento delle sue condizioni e la convinzione che debba attendere il ritorno di Gesù recandosi ogni giorno sul Monte degli Ulivi. Solo di sfuggita appare nei frammenti Gabriel (Harald Schwenzen) un giovane che inizia ad avvicinarsi a Gertrud e la aiuterà poi a superare una malattia (nei frammenti lui la prende febbricitante e in delirio).

Si torna in Svezia dove Ingmar si innamora piano piano di Barbro nonostante entrambi sappiamo che si tratta di un matrimonio combinato. In uno dei frammenti, però, la giovane canta una canzone che a Ingmar ricorda Gertrud e decide quindi di partire per Gerusalemme. Qui, da quanto si apprende dal romanzo, riesce a far aprire a Gertrud gli occhi sulla verità della colonia e su quello che lei pensava essere una sorta di Gesù redivivo. Rimette anche in sesto la colonia ma, e qui torniamo ai frammenti, ad un certo punto viene ferito gravemente a un occhio e per non perdere la vista è costretto a tornare in Svezia. Gertrud decide dunque di seguirlo. Gli ultimi minuti della copia rimasta mostrano Barbro, che lascia solo in casa il piccolo bimbo avuto da Ingmar, per tentare il suicidio saputo del ritorno di Gertrud. Proprio lei la salva dal folle gesto e la rassicura riguardo le sue intenzioni: non vuole rubargli il marito. Ingmar, finalmente guarito, torna e, vedendo il bambino solo, intuisce quanto sta accadendo. Fortunatamente la porta si apre e i due possono abbracciarsi e vivere felicemente il loro amore.

Nell’ultimo capitolo Ingmar risultava essere sconfitto dal destino perché la terra lo aveva bloccato e reso incapace di compiere le sue scelte e vivere la vita che voleva. Qui è artefice del suo destino e riesce a chiudere tutto quello che aveva lasciato in sospeso. Con Gertrud riesce a ritrovare serenità e ridarle la sanità mentale che aveva perduto anche a causa sua; con Barbro riesce a trovare l’amore e ad avere anche un figlio. Non ne ho parlato nella trama ma c’è un elemento piuttosto centrale che è legato alla vista: una maledizione di famiglia porta i figli maschi della sua stirpe ad essere ciechi. Lei è quindi ossessionata da questa possibilità e vuole quindi rendere libero Ingmar che pur sta iniziando ad amare. La perdita della vista di Ingmar e il suo pellegrinaggio a Gerusalemme sono un’espiazione di questa punizione ancestrale e di fatti il figlio che nascerà dalla loro unione sarà sano.

Un elemento che avrei amato tantissimo vedere è quello della perdizione della colonia di cui Gertrud non si rende conto. Si intravede solo un attimo quando Gertrud accetta di seguire Ingmar in Svezia visto che, dichiara, non ha più nulla da fare a Gerusalemme. Grazie al montaggio si sussegue quindi molto rapidamente qualche immagine con un uomo che si rivela essere interessato solo al denaro e uno strano rituale quasi misterico (vedi gif). Rispetto agli altri è forse il film che più di tutti mostra una sua complessità e oscurità dal punto di vista religioso con questa componente anche peccaminosa, le finte visioni e quindi una sorta di disillusione di fondo che viene però risolta all’interno di scelte morali ben delineate come l’impossibilità di rompere un legame matrimoniale, e quindi Barbro e Ingmar devono per forza innamorarsi e vivere felici, mentre chi pecca deve comunque essere punito così come capita alla giovane amata da Gabriel che trova la morte presumibilmente proprio in virtù del suo coinvolgimento in questi rituali. Questa parte comunque non è presente nei frammenti e mi è quindi difficile dire in che modo erano presenti nella versione originale del film e se fossero stati dissimulati o trasformati in qualcosa di più moralmente accettabile.

Chiudiamo: sono felice di aver finalmente concluso la visione di questa saga a distanza di quasi 7 anni dall’inizio della visione. C’è da dire che non è che la storia di per sé sia particolarmente di mio gusto ma mi ci sono affezionato e ha comunque quella componente di racconto legato alle vicende di una famiglia attraverso varie generazioni che porta a creare, volenti o nolenti, un legame. Insomma, non so se consiglierei di intraprendere la visione della saga, però la sensazione generale ad oggi è quella di aver terminato un bel viaggio.

Rispondi