Broadway – Pál Fejös (1929)

broadwaySe mi seguite da un po’ saprete quanto io sia affascinato dai film che sono sopravvissuti nella doppia versione muta e sonora oppure i remake fatti da uno stesso regista. Broadway appartiene alla prima categoria cosa alquanto bizzarra visto che, come lascia intuire il titolo, si tratta in realtà di un musical. Come diavolo può un musical essere…muto? Ovviamente in parte con del girato diverso tra le due versioni ma in parte semplicemente mettendo delle didascalie a sopperire ai dialoghi (ma non alle canzoni). Questo crea tanti problemi a cui, come abbiamo imparato a vedere, Pál Fejös mette una toppa con la sua solita regia dinamica e curata.

Roy Lane (Glenn Tryon) e Billie Moore (Merna Kennedy) lavorano al Paradise, un locale notturno cercando di sfondare. Sono tra loro molto legati anche se lei riceve le attenzioni anche di Steve Crandall (Robert Ellis) che, dietro il suo fascino, nasconde attività non propriamente lecite. Tutto succede in una notte: “Scar” Edwards (Leslie Fenton) arriva al locale e viene ucciso a bruciapelo da Steve che cerca di sbarazzarsi del cadavere. L’omicidio attira le indagini del Detective Dan McCorn (Thomas E. Jackson) e della ballerina Pearl (Evelyn Brent) che era la fidanzata di Edwards. Sarà proprio quest’ultima a fare giustizia sparando, non alle spalle, a Steve e ricevendo, incredibilmente, l’assoluzione del detective che spaccerà la morte dell’uomo come suicidio.

Broadway è un film interessante perché si muove su linee narrative diverse: da una parte abbiamo questo amore naif tra Roy e Billie, due personaggi noiosi e prevedibili che cercano di attirare, a mio avviso senza riuscirci, le simpatie del pubblico. Dall’altra abbiamo i personaggi ben più interessanti di McCorn, Pearl ma anche Steve stesso che portano avanti una trama ben più noir e meno sentimentale. Il problema per quanto riguarda Evelyn Brent, che adoro, è che qui si limita un po’ troppo nella sua recitazione a una monoespressività corrucciata e severa che poco la valorizzano. Al tempo stesso il suo personaggio, intelligente e complesso, viene esaltato dalla narrazione.

Passiamo alle note dolenti: il musical non musicato! Ogni sezione del film è poi chiusa da un balletto che, finché è solo accennato e di passaggio, pur senza suoni risulta relativamente poco pesante. L’apice negativo si raggiunge però verso il finale dove Billie e Roy cantano e ci ritroviamo davanti a un paio di minuti di primo piano su due persone che in teoria canterebbero senza però farlo. Potete immaginare quanto sia ridicolo e la cosa stona in particolare tenendo presente che per alcune scene sono stati ovviamente utilizzati girati diversi. Perché lasciarlo? C’era comunque un disco ed erano presenti le musiche? Sinceramente non saprei rispondere ma è quantomeno bizzarro. Il finale presenta inoltre una scena in Technicolor purtroppo in condizioni piuttosto brutte con del resto anche la copia, presa dalla stazione TV ungherese Duna, della versione muta in generale. La versione sonora è stata invece quantomeno ripulita e inserita all’interno della solita splendida edizione Criterion di Lonesome.

Come detto all’inizio Pál Fejös è un regista che riesce a donare un’estrema dinamicità ai suoi film con montaggi serrati e portando letteralmente a spasso le sue macchine da presa. Non posso esimermi quindi dal mostrarvi qualche gif, presa dalla versione muta così come tutte le immagini. Le prime sono due grandi scene di massa con movimento, troviamo prima delle ballerine che lanciano oggetti al pubblico che viene seguito durante il momento di festa; abbiamo poi un momento di tranquillità dove vediamo, come è tipico del regista, anche il “dietro le quinte” di quello che sta mostrando con la normalità del lavoro di pulizia che è comunque estremamente organizzato e spettacolare. Seguono gif che mostrano l’attenzione di Fejös per questo montaggio dinamico: Edwards si trova dietro la porta e poco prima che la apra uno scagnozzo di Steve, da dentro la stanza, lo sposta in modo tale da avere la situazione sotto controllo nel caso succedesse qualcosa di sgradevole; segue una dove Roy cerca di andare a riprendersi Billie che è stata portata in un’altra stanza ma si ritrova un muro di brutti ceffi, presentati uno per uno con primi piani dalla camera, per poi prendersi un bel cazzottone da Steve. Ultima scena vede Billie inseguire lo sguardo del boss prima di rispondere negativamente alla domanda del Detective su se abbia visto o meno il giorno prima un uomo corrispondente alla descrizione di Edwards.

Termina dunque qui la nostra piccola avventura con il Pál Fejös muto americano. Sicuramente per me si tratta di una scoperta interessante che ho apprezzato molto a livello di fotografia e movimento ma forse un po’ meno per la capacità di scegliere e rappresentare storie che avessero una loro solidità narrativa. Se siete incuriositi non posso che invitarvi, nuovamente, a prendere l’edizione Criterion di Lonesome e godere, con un colpo solo, di tre film davvero interessanti.

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