Manolescu – Viktor Turžanskij (1929)

manolescuChe bello vedere il grande cinema nelle Giornate del cinema muto di Pordenone! Per altro, tanto per andare di attualità, un film di un regista ucraino, Viktor Turžanskij con attore principale un rifugiato russo come Ivan Mozžuchin / Mosjoukine. Nel ruolo di protagonista femminile ritroviamo invece una grande Brigitte Helm. Ma di cosa parla questo Manolescu? Georges Manolescu era un truffatore che aveva ottenuto una discreta popolarità dopo una carriera tra colpi e arresti con un testo dal titolo Ein Fürst der Thiebe (it. Un principe dei ladri), un’opera che ispirò anche le Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull di Thomas Mann. La vita del vero ladro, che terminò ad appena 36 anni, si discosta molto da quella della versione cinematografica che andiamo ad analizzare. Il fascino del personaggio diede comunque vita a numerose trasposizioni di cui tre tra il 1920 e il 1930, la prima di Richard Oswald e l’ultima (1932/33) con regia di Willi Wolff, una vecchia conoscenza delle giornate di Pordenone (vedi Moral).

George Manolescu (Ivan Mosjoukine) è un piccolo truffatore che si ritrova a dover abbandonare Parigi per evitare problemi a seguito di un prestito non ripagato. Sul convoglio che lo porta a Montecarlo conosce e abusa di Cleo (Brigitte Helm), una ragazza che vive sotto il giogo di uomini violenti ma capaci di garantirgli uno stile di vita alto. Presto avviene lo scontro tra George e l’uomo con cui la donna si trova in quel moneto, il corpulento Jack (Heinrich George). Lo scontro termina con l’arresto di quest’ultimo e l’inizio della carriera di grande truffatore per Manolescu. Passano gli anni, i raggiri, ma anche i sensi di colpa per George che sente di non appartenere a quella vita. Quando si ritrova in ospedale colpito quasi a morte in testa da Jack che cercava vendetta per il tradimento subito da Cleo, Manolescu decide che è il momento di ritirarsi e fare una vita secondo giustizia. Ripudia definitivamente Cleo per mettersi con la crocerossina Jeanette (Dita Parlo). Ma, come da tradizione, la giustizia presto o tardi arriva a chiedere di saldare il conto per le malefatte commesse. La sera di capodanno due poliziotti vengono ad arrestare Manolescu che non si sottrae. Nel finale l’uomo viene portato via verso il carcere mentre Jeanette gli giura di aspettarlo…

Giusto un paio di giorni fa, con Profanazione, avevo detto che ci eravamo risparmiati l’innamoramento post stupro. Ecco, qui invece ritroviamo questa deprecabile dinamica a seguito, per altro, di violenze ripetute. Interessante, se così si può dire, notare come il ruolo di protagonista in fondo positivo non sia mai messo in discussione per Manolescu, il quale compie gli atti solo per “amore” e quindi per colpa del personaggio femminile che, invece di essere analizzato per la sua sofferenza di donna costretta a subire abusi, è solo rappresentato come un essere che desidera solo la bella vita e l’agiatezza. La sua gelosia, del resto, compare solo quando ha perduto l’amante e si riversa dunque su di lui cercando di vendicarsi e rivelando a Jeanette il passato turbolento. Nel finale ci si ritrova con la definizione della malvagità di Cleo che finisce sola e rifiutata da tutti mentre Manolescu, pur dovendo pagare il suo passato, avrà comunque una persona che lo ama e che lo aspetterà fino a che non avrà giustamente scontato la sua pena.

Se si superano questi scogli ci si ritrova davanti a un film veramente curato in ogni dettaglio. La macchina da presa è in perenne movimento e le inquadrature sono curatissime e regalano momenti memorabili. Tra le varie non possiamo non citare la scena del processo/incubo che si sviluppa nel delirio di Manolescu ricoverato per il colpo alla testa. Tutto, escluso il personaggio interpretato da Mosjoukine, sembra essere girato in negativo con tanto di esposizioni multiple a creare effetti onirici particolari. I capi di accusa che stanno popolando i sensi di colpa di Manolescu risuonano dunque nella sua testa: “Truffa, furto, falsificazione”. Davvero una scena ben riuscita! Meno riuscito, almeno a mio gusto, tutto il finale con l’arresto di capodanno con una costruzione narrativa che è stata veramente abusata e risulta quindi poco incisiva.

Dopo avervi lasciato con tre gif con scene del film posso concludere dicendo che Manolescu è, al momento, il miglior film della rassegna online. Nonostante i fastidi dovuti a un’impostazione morale e culturale non condivisibili, ci troviamo di fronte ad un film che riesce ad intrattenere e stupire per quanto è curato. Se pensiamo che The Runaway Princess di ieri è dello stesso anno, 1929, sembra di essere in due epoche completamente diverse!

fdf

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