La Strada (Die Straße) – Karl Grune (1923)

A volte è strano come film famosi, pietre miliari della cinematografia possano essere rimandati per anni e anni per essere visti. In questi dodici anni di E Muto Fu sicuramente ci sono tantissimi film celebri importanti che non ho visto o non ho recensito, ma Die Straße di Karl Grune è uno dei casi più particolari perché, per certi versi, rientra più nelle mie corde. Il film è considerato da Siegfried Kracauer come uno dei punti di partenza del filone filmico dedicato alla strada. Grune per altro porta avanti il film facendosi portavoce dell’idea che un film dovesse sostanzialmente essere comprensibile senza didascalie. Le didascalie sono infatti rade e sostanzialmente inutili, perché la vicenda è comprensibilissima e l’idea di fondo concreta e chiara.

Un piccolo impiegato bancario (Eugen Klöpfer) fugge dalla monotonia della sua piccola casa e dalla stanca moglie (Lucie Höflich) richiamato dalle luci della città. Si ritroverà a seguire una donna (Aud Egede Nissen), che ignora essere una prostituta, all’interno di un locale non proprio raccomandabile, sotto gli occhi del magnaccia (Anton Edthofer), di un complice (Hans Trautner) e di un Uomo venuto dalla provincia (Leonhard Haskel) con una discreta dose di denaro con sé. L’uomo di provincia verrà ucciso dal magnaccia e la prostituta darà la colpa al povero impiegato che, per disperazione considera addirittura il suicidio.  Ma il suo destino è salvo: la piccola figlia del magnaccia (Sascha) lo ha visto scappare dalla casa dopo il delitto e, senza saperlo, condanna il padre e tutti i complici alla prigione. L’impiegato torna a casa con la certezza che mai più si farà abbindolare dai richiami della città.

Il film nasce fin da subito con un’idea di internazionalità come risulta sia per la mancanza quasi totale di didascalie ed insegne (l’unica cosa scritta nel film è un assegno in inglese), sia dalla locandina originale, opera di Erich Godal, che recava il titolo in tedesco, inglese, francese e italiano (vedi sopra). Il film presenta, a livello narrativo, delle analogie con Von morgens bis mitternachts di Karlheinz Martin (1920), con cui però non condivide affatto la resa stilistica. Come lì troviamo un modesto impiegato di banca che viene sostanzialmente risucchiato via dalla sua routine e dalla sua famiglia per una notte fuori dall’ordinario tra la massa di persone che però non lo rappresentano affatto. Entrambi sono pesci fuor d’acqua perché hanno passato la loro vita all’interno di una campana di vetro priva di qualsiasi emozione. Il protagonista di Die Straße è un personaggio sostanzialmente ridicolo e macchiettistico, con l’incedere zoppicante, un sorriso storto, l’ombrello sempre sotto braccio. Insomma la preda perfetta per una truffa. Anche qui, come in Von morgens bis mitternachts ci sono una bisca e un tentativo di furto, ma la risoluzione è completamente diversa. C’è un omicidio e viene accusato di esserne l’artefice prima di essere scagionato e liberato. Il dramma dei reietti e della povera bambina passano infine quasi in secondo piano perché la macchina da presa torna a seguire il mesto ritorno, in mezzo a una strada insolitamente deserta, dell’impiegato a casa. Il suo pentimento è totale, anche se sostanzialmente non ha fatto nulla e giunto a casa crolla tra le braccai della moglie che lo abbraccia.

Grune ricercava una vicenda che potesse essere ininterrotta sia a livello temporale che spaziale. I personaggi si muovono sempre negli stessi spazi e le loro vicende si intrecciano e di continuo. La fine non poteva che essere dove tutto era iniziato in una sorta di costruzione circolare in cui sostanzialmente niente è cambiato al di fuori di questo guizzo di vitalità del protagonista. Siamo certi che sarebbe tornato da lì in poi alla sua mesta routine lavorativa e familiare.

Il film alterna esterni estremamente minimali che ricordano i condomini di Hintertreppe di Paul Leni (1921), a soluzioni decisamente più appariscenti con cartelloni luminosi e viste della città suggestive. Da questo punto di vista Grune non sembra volersi inserire in un filone specifico e mantiene una sua originalità. Se le didascalie al minimo e l’attenzione ai dettagli è caratteristica del Kammerspiel, abbiamo però una recitazione decisamente esasperata e teatrale. I personaggi, inoltre, non sono particolarmente connotati a livello psicologico e sono più che altro delle macchiette. Da segnalare tra questi un Max Schreck nei panni del vecchio padre del magnaccia ormai divenuto cieco.

Concludendo Die Straße è stata una splendida visione, di certo uno dei punti di riferimento fin da subito della programmazione di questa edizione online delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Mancano sicuramente tantissimi film all’appello sul nostro sito, ma passo dopo passo cercherò di colmare più vuoti possibili.

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