Strano che un regista che ha fatto un film così tradizionale nella sua composizione come Tötet nicht mehr (1919), abbiamo girato nel giro di poco tempo dei film sperimentali seguendo il movimento Kammerspiel. Sia il regista Lupu Pick che lo sceneggiatore Carl Mayer avevano precedentemente lavorato a film sul genere, i due erano per altro alla quarta collaborazione.
Nella notte di San Silvestro un Uomo (Eugen Klöpfer) si ritrova ad accogliere la madre (Frida Richard) con l’iniziale ritrosia della moglie (Edith Posca). Il sentimento di astio si trasforma presto in affetto e le due sembrano legare molto. La madre cambia però totalmente atteggiamento quando vede la foto del figlio con la moglie e poi quella di lei assieme a lui, forse per gelosia. L’anziana donna tenta quindi di strangolare la moglie e ne nasce un acceso diverbio che porta la ragazza a imporre al marito la cacciata della madre. Conteso tra i due amori, l’uomo si toglierà la vita mentre la gente festeggia per le strade l’arrivo del nuovo anno.
Il film è stato proiettato in piazzetta Pasolini in ricordo di Enno Patalas che vide una splendida copia giapponese del film durante le Giornate di Pordenone innamorandosene. Purtroppo non ho condiviso l’amore per Syvelster, nonostante avesse alcune particolarità interessanti. Il film alterna alle vicende dell’uomo quelle della festa per le celebrazioni della notte di San Silvestro, che si accendono in funzione dello svolgimento delle vicende. Oltre a questo compare quattro volte la scena di un mare in tempesta che nel finale si calma finalmente con la morte dell’uomo, cosa che sembrerebbe simboleggiare il patimento interiore del protagonista che si calma finalmente nel momento del suicidio. Devo dire che questi intermezzi non mi sono sembrati integrati con la narrazione e sembrano un’aggiunta accessoria. C’è sicuramente un bel lavoro con le inquadrature, specie dei volti dei personaggi, che in linea con il genere sono poco truccati e tendenti ad una rappresentazione più “realistica”. Le riprese si alternano tra quelle molto dinamiche nelle scene ambientate in strada a quelle più statiche e claustrofobiche ambientate nella stanza dove sono presenti i personaggi principali.
Che dire, non è certo un film che si vede tutti giorni, la sua trama è abbastanza sperimentale sviluppandosi sostanzialmente in pochi minuti ma portando in essi grandi e, forse troppo, repentini stravolgimenti. Contando la versione reperibile sul web, vi consiglio sinceramente di starne alla larga, perché non godreste affatto di quei dettagli e particolari che rendono il film interessante, lasciandovi solo alla narrazione con tutti i suoi limiti.
Aggiornamenti dopo il Cinema Ritrovato 2020:
Durante questa edizione del CR è stata presentata la versione restaurata del film sulla base della nota edizione giapponese unita a dei frammenti di una copia in nitrato tedesca conservata presso la Cinématèque française. Abbiamo saputo, durante la serata, che il film il giorno della proiezione originale era stato un flop tanto da essere sbeffeggiato dagli spettatori. Il film era quindi stato tagliato di ben 20 minuti venendo quindi in parte snaturato. Il problema maggiore derivava dal fatto che inizialmente il film doveva essere un tutt’uno con la partitura opera di Klaus Pringsheim. Dopo il taglio, era quindi impossibile adattare le due opere e farle coincidere e si era così perso l’intento originale di Lupu Pick. Grazie al restauro e un lavoro certosino di recupero della partitura, trovata in Ontario, è stato possibile ricostruire una versione del film che fosse il più vicina possibile a quella originale con una differenza di appena 5 minuti. Rispetto a quanto scritto nell’articolo dello scorso anno, vittima come vi dissi di un porting veramente terribile, devo dire che ho apprezzato di più il film che ha delle immagini davvero molto belle e particolari. Continuo a non digerire l’ultima sezione in cui si alternano scene che, a mio modesto parere, rompono eccessivamente la narrazione e non aggiungono nulla se non confusione. Parlo, ad esempio, delle parti in cui compare un combattimento di boxe. Quando l’uomo muore, e dal restauro sembrerebbe che la causa della morte sia l’impiccagione, la parte in cui la festa continua in alternanza con il dolore dei familiari è eccessivamente lunga e ripetitiva.