Nel corso degli anni ci è capitato spesso di trovarci di fronte a film che avessero una trama scontata e poco interessante ma una realizzazione talmente ben fatta da diventare essa stessa il centro focale della visione. Per quanto mi riguarda Abwege rientra esattamente in questo “filone”: le vicende dei personaggi sono quasi passate in secondo piano grazie ad una fotografia curatissima e un’attenzione al dettaglio quasi al di fuori del normale. Pabst riesce a dare vita alla Weimar era e con delle vere e proprie carrellate imprime sulla pellicola i volti e i modi di una generazione. La scena più esemplificativa è ambientata in un locale di perdizione medio-borghese, in cui ritroviamo accenni agli eccessi con tanto di droga e prostituzione.
Perché la trama è banale? Andiamola ad analizzare: Irene Beck (Brigitte Helm) è totalmente ignorata dal marito, l’avvocato Thomas Beck (Gustav Diessl), e inizia quindi ad accettare le avance del pittore Walter Frank (Jack Trevor). Irene arriva persino ad organizzare una fuga con il pittore, ma Thomas scopre cosa sta succedendo e la blocca. Malgrado questo, il ragazzo non cambia il suo atteggiamento e Irene porta sempre più avanti il suo tentativo di scuoterlo fino ad arrivare a compiere quasi l’irreparabile. Thomas è convinto che la moglie lo abbia tradito e chiede il divorzio. Nel finale, Irene rivela al marito di aver solo finto il tradimento e così, proprio quando viene ufficializzato il loro divorzio, i due ritrovano l’amore e la passione perduta.
Come immaginerete, in casi come questo bisogna far parlare le immagini e per questo, noterete, ce ne sono davvero tantissime all’interno dell’articolo con anche qualche Gif relativa ad alcune scene particolarmente interessanti. La prima riguarda Irene che cerca di farsi largo tra la folla danzante per andare dalla sua amica Liane (Herta von Walther) che sta ballando con un ragazzo conosciuto quella sera. La seconda, divisa in due parti, mostra un’incredibile mobilità della macchina da presa e segue Brigitte Helm, dopo l’ennesima incomprensione col marito, mentre si allontana da lui. L’attrice prima si muove verso la telecamera, ma poi la supera e la telecamera la segue da dietro fino ad una porta. La cosa incredibile è quanto sia fluida la realizzazione della scena nonostante i tanti movimenti della camera.
Come avrete intuito nel corso di questi anni, una delle cose che mi affascinano tanto sono le scene in cui i personaggi disegnano, specie se fatto dei piccoli ritratti. Il film ne è pieno, essendoci tra i personaggi principali c’è un pittore che non perde occasione di ritrarla.
Il film non ebbe assolutamente successo all’epoca e questo è veramente un peccato. Secondo Stefan Drössler del Filmmuseum, che ha parlato nella post proiezione per le GCM, il film era forse eccessivamente moderno per il pubblico dell’epoca perché si sofferma molto su reazioni emotive della protagonista, comunque una donna forte, che si ritrova circondata da uomini deboli, incapaci di prendere iniziative. In una scena, Irene si fa trovare mezza nuda dal marito nell’atelier del pittore e pare che il pubblico iniziò a ridere, incapace di comprendere bene la scena e cosa stesse accadendo. Abwege, come potete immaginare, venne quindi accolto con fischi e risate, forse anche perché gli spettatori si aspettavano di vedere un film con Brigitte Helm nei panni della solita Vamp, mentre qui tenta un po’ di uscire da questo canone non venendo però accompagnata da un successo al botteghino.
La storia del restauro del film è particolare ma per questo vi rimando al sito delle Giornate del Cinema Muto che sono molto chiare nel raccontare il lungo percorso che ha portato allo splendido restauro. Piccolo appunto riguardo l’accompagnamento musicale, opera di Mauro Colombis: in una scena in teoria estremamente patetica, perché Irene è convinta che il marito si sia tolto la vita, ci troviamo di fronte a un caso in cui la musica rompe l’incertezza con una totale mancanza di drammaticità che porta lo spettatore a pensare, come effettivamente è, che egli stia soltanto dormendo. Questo sicuramente è uno dei problemi legati a una partitura realizzata conoscendo a fondo il film e che toglie un po’ quell’unicità che si prova in quei casi in cui l’accompagnatore scopre dal vivo assieme allo spettatore quanto sta per succedere. Esclusa questa piccola sbavatura, la musica era davvero molto bella e perfettamente ritagliata intorno al film.
Se potete vi consiglio di recuperare quanto prima Abwege in questa splendida versione restaurata per avere modo di godere di tutti quegli elementi che rendono il film unico e godibile. Quando scrivo mancano ancora due lungometraggi alla fine delle GCM, ma credo che questo sia il punto più alto del festival.