Dopo aver visto insieme i film di Tod Browning con Priscilla Dean, eccoci pronti ad un salto cronologico verso i tardi anni ’20. In questo nuovo articolo analizzeremo tre film del suo ultimo periodo muto che vanno dal 1927 al 1929: The Show (1927), West of Zanzibar (1928) e Where The East is East (1929). Caratteristica che unisce questi tre lungometraggi è la presenza, ancora una volta, di un’ambientazione più o meno esotica nonché una certa attrazione per i “freak”, le deformazioni fisiche e gli spettacoli da fiera. Come visto nei precedenti articoli, un altro elemento è quello di avere una durata piuttosto ridotta (poco più di un’ora) con una certa linearità di fondo data anche dal fatto che le vicende si sviluppano sulle relazioni tra tre o quattro personaggi al massimo. Se negli articoli precedenti avevamo visto una certa predilezione per i bassifondi e l’esotismo, qui vedremo che quest’ultimo elemento viene mantenuto ma inizia a subentrare, complice anche il trasformismo di Lon Chaney (presente in due pellicole su tre) un’attenzione per le deformità, la magia e gli spettacoli itineranti.
– The Show (1927)
Se avete amato Freaks questo The Show è uno dei primi esperimenti di Browning di entrare nel mondo degli spettacoli itineranti e delle “mostre degli orrori” che le caratterizzavano. Sebbene l’ambientazione sia quella, però, non ci sono tra gli attori dei veri freak e, nella realtà, l’attenzione è spostata più che altro verso lo spettacolo illusionistico del protagonista. Questo è l’unico film del trittico odierno in cui non c’è Lon Chaney ma troviamo John Gilbert e Lionel Barrymore nel ruolo dell’antagonista.
Siamo in Ungheria dove il bel Cock Robin (John Gilbert) campa grazie a spettacoli di magia e al suo incredibile fascino con le donne. Proprio a causa di questo finirà però nei guai quando la sua nuova fiamma, la giovane e sprovveduta Lena (Gertrude Short), gli darà il denaro guadagnato dal padre per la vendita di alcune pecore poco prima che questi sia ucciso. A causa della gelosia di Salome (Renée Adorée), questa si convincerà che Robin voglia truffarla e si allontana chiamando la polizia. Per non essere catturato, il giovane si nasconderà proprio a casa di Salome e piano piano i due si innamoreranno. Ma il denaro è una preda ambita e The Greek (Lionel Barrymore), fidanzato di Salome e vero assassino del padre di Lena, cercherà in tutti i modi di venirne in possesso sbarazzandosi di Robin. Il finale sarà, ovviamente, un lieto fine…
In The Show troviamo un John Gilbert particolarmente piacione e magnetico ma che, al contempo, non riesce ad uscire da questa macchietta e creare un personaggio complesso. Forse è proprio Renée Adorée ad avere il ruolo meno banale all’interno del film visto che, da un certo punto del film in poi, entriamo proprio all’interno della sua vita. Scopriamo infatti che vive con il padre ormai cieco che aspetta spasmodicamente notizie del figlio che crede essere diventato comandante di un battaglione mentre invece sta per essere impiccato nella prigione visibile dalla finestra di casa. Altro elemento interessante è quello legato allo spettacolo con tanti effetti speciali e trucchetti. La cosa divertente è vedere come venga rotta la parete del trucco illusionistico facendo vedere alcuni spettatori che sbirciano lo spettacolo dalle quinte in modo tale da far vedere anche a noi il suo funzionamento.
Alcuni dei trucchi, come ad esempio la testa di Robin/Battista che si muove e parla, sono stati sicuramente una palestra per il successivo, e a mio modo splendido, talkie La bambola del diavolo (The Devil-Doll) del 1936. Tra gli elementi esotici e “terrificanti” ecco una sorta di iguana dal terribile veleno che uccide prima uno spettatore e poi viene messo da The Greek nella soffitta dove si nasconde Gilbert nella speranza di farlo fuori.
– West of Zanzibar (1928)
Noto in Italia come La serpe di Zanzibar, questo film è forse il meno riuscito dei tre di cui parliamo oggi. Protagonista assoluto è Lon Chaney, che qui interpreta l’ex illusionista Phroso, abbandonato dall’amata moglie Anna (Jacqueline Gadsden). Ma non c’è solo il dolore per l’abbandono, egli infatti, dopo un litigio con l’amante di lei, Mr. Crane (Lionel Barrymore), viene scaraventato giù da una balconata e perde l’uso delle gambe. Poco dopo scopre per altro che l’uomo ha abbandonato la donna lasciandola con una figlia piccola di nome Maize. Il dolore provocato era tanto che la giovane si era tolta la vita lasciando Phroso solo con la bambina. Passano gli anni e Phroso è spinto solo dal desiderio di vendetta. Si è spostato in Africa, dove viene creduto un potente stregone con il nome di Dead Legs. Un giorno riesce finalmente ad orchestrare la sua vendetta: ruba dell’avorio a Crane e lo attira nella sua dimora dove ha fatto portare Maize (Mary Nolan), ormai cresciuta. Usanza tipica del posto è quella di bruciare assieme al cadavere del defunto anche la moglie e la figlia e Phroso vuole godersi lo splendido spettacolo. Ma ecco il colpo di scena, Crane gli rivela che Anna, saputo cosa era successo a Phroso, aveva cambiato idea e non lo aveva seguito e che la figlia era sua. L’uomo viene ucciso e la tribù è convinta che la ragazza debba essere messa sulla pira con lui. Con un ultimo tentativo disperato, al fine di far fuggire la giovane, Phroso effettua il suo spettacolo illusionistico e fa sparire Maize e comparire uno scheletro. Purtroppo i locali non ci cascano e decidono di uccidere lui al posto della giovane ormai lontana.
La trama è piuttosto complicata e si aggiunge, all’interno, anche la storia d’amore tra Doc (Warner Baxter) e Maize. Nella realtà è tutto molto lineare e, per certi versi, telefonato e gran parte del fascino del film è dato dalla presenza delle tribù indigene e di maschere tribali. Peccato che sia tutto molto stereotipato e, agli occhi di un pubblico odierno, quel fascino antico risulta molto meno forte. Come al solito splendida l’interpretazione di Lon Chaney, ancora una volta in grado di dar vita a un invalido tanto credibile quanto meschino.
Anche qui è forse un po’ ridicolo il cambiamento repentino di atteggiamento del personaggio nel momento in cui scopre che la giovane sarebbe la figlia, ma del resto in un’ora di film è difficile riuscire a rendere adeguatamente un’evoluzione psicologica. Conoscendo la storia di futura dipendenza da eroina dell’attrice Mary Nolan mi ha un po’ impressionato il modo in cui ha interpretato il ruolo dell’alcolista in crisi d’astinenza,
– Where the East is East (1929)
Siamo nel 1929 e Browning sta per fare il salto nel sonoro ma gira questo film muto con alcuni effetti sonori e musicali senza dialoghi parlati ma con sole didascalie. Nonostante l’estrema semplicità e brevità che caratterizza le produzioni mute di Browning, questo Where the East is East (it. Vendetta d’oriente) è uno dei film più affascinanti di questo periodo e ha la caratteristica di avere una donna come affascinante antagonista e Lon Chaney come personaggio stranamente “buono”, seppur burbero. Anche qui l’ambientazione è orientale: siamo in Laos e, ancora una volta, troviamo il tema di un maschio bianco che si innamora di una ragazza locale.
Toyo (Lupe Vélez) si è innamorata del giovane Bobby (Lloyd Hughes) e sta per convolare felicemente a nozze. Il padre Tiger (Lon Chaney), infatti, seppur burbero, ha acconsentito al matrimonio. Ma qualcosa turberà presto la felicità della coppia. Durante un viaggio in nave, Bobby incontra Madame de Sylva (Estelle Taylor) donna dal fascino ammaliatore e se ne innamora perdutamente. E chi è questa donna? Altri non è che la vera madre di Toyo nonché ex amante di Tiger che, conoscendola, fa di tutto per allontanarla da Bobby. I due fuggono infatti dalla nave ma quando tornano a casa, scoprono che essa ha già raggiunto Toyo, ingannandola e facendole credere di essere giunta solo per il matrimonio. In realtà il suo scopo è quello di portarsi via Bobby e poi andare per la sua strada. Ci penserà Tiger a risolvere la situazione, aizzando contro la perfida donna il gorilla Rangho (Richard Neill) e finendo a sua volta ferito gravemente per cercare di calmarla dopo l’aggressione. Nel finale Toyo e Bobby, finalmente libero dall’influenza maligna di Madame de Sylva, si sposano e salgono su una nave proprio quando Tiger esala l’ultimo respiro…
Il personaggio interpretato da Estelle Taylor è uno dei più affascinanti e sconturbanti di tutto il cinema muto e riesce a dare vita ad un antagonista credibile ed estremamente perfido, pur senza usare nessun tipo di violenza fisica o costringere di fatto nessuno a fare qualcosa. Madame de Sylva è una donna estremamente indipendente e determinata, priva di scrupoli morali e pronta a prendersi qualunque cosa desideri. L’ambientazione orientaleggiante lascia presupporre che la donna possa legare questa sua capacità seduttiva a qualcosa di malvagio e sovrannaturale ma la cosa non viene mai esplicitata se non attraverso i continui ammonimenti della sua serva (Willie Fung). Vedere Lon Chaney nei panni di padre premuroso è strano, però devo dire che funziona. Forse, rispetto alla centralità teorica della storia d’amore, Bobby e Toyo tendono ad andare un po’ in secondo piano rispetto allo scontro tra Tiger e la ex amante.
Per evidenziare il fascino di Madame de Sylva, nel film vengono utilizzate inquadrature più ravvicinante rispetto allo standard di altri film di Browning e, in generale, si nota la solita cura realizzativa. La durata è, come sempre, esigua e questo aiuta a focalizzare l’attenzione dello spettatore sulla vicenda senza diluire tutto con sottotrame di dubbia utilità. Anche la tensione è quindi sempre al massimo perché, pur essendo l’epilogo piuttosto scontato, il soggetto è stato tradotto in una sceneggiatura solida. Non aspettatevi un capolavoro, ma Where the East is East è a mio avviso l’apice del filone esotico della filmografia di Browning.
Se siete interessati a uno o più film vi consiglio il cofanetto spagnolo che contiene Where the East is East e West of Zanzibar mentre per The Show potete andare sugli store americani o affittarlo sul prime USA.
Sono ignorantissimo sull’argomento, vidi a suo tempo Freak ( non mi stupì il fatto che lo fecero sparire dalle scene).
quest’articolo m’ha riattivato la curiosità sul regista.
grazie
sono davvero contento, grazie mille per il commento 🙂