Dopo aver visto insieme i film di Tod Browning con Priscilla Dean, eccoci pronti ad un salto cronologico verso i tardi anni ’20. In questo nuovo articolo analizzeremo tre film del suo ultimo periodo muto che vanno dal 1927 al 1929: The Show (1927), West of Zanzibar (1928) e Where The East is East (1929). Caratteristica che unisce questi tre lungometraggi è la presenza, ancora una volta, di un’ambientazione più o meno esotica nonché una certa attrazione per i “freak”, le deformazioni fisiche e gli spettacoli da fiera. Come visto nei precedenti articoli, un altro elemento è quello di avere una durata piuttosto ridotta (poco più di un’ora) con una certa linearità di fondo data anche dal fatto che le vicende si sviluppano sulle relazioni tra tre o quattro personaggi al massimo. Se negli articoli precedenti avevamo visto una certa predilezione per i bassifondi e l’esotismo, qui vedremo che quest’ultimo elemento viene mantenuto ma inizia a subentrare, complice anche il trasformismo di Lon Chaney Continua a leggere
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La Vedova Allegra (The Merry Widow) – Erich von Stroheim (1925)
Von Stroheim era un regista che viveva di passioni, quando aveva un’idea in mente cercava di perseguirla fino a che non riusciva a metterla in atto, possibilmente a modo suo. Queste sue fissazioni lo hanno sicuramente limitato nel corso della sua carriera, ma comunque hanno contribuito a creare il mito intorno a lui. La vicenda raccontata nel “la vedova allegra” è tratta dall’omonima operetta di Franz Lehár con libretto di Victor Léon e Leo Stein. Nonostante sia uno dei film meno ricordati del regista, è sicuramente il meno martoriato dai tagli, forse perché Von Stroheim era riuscito, per una volta, a fare un lavoro che andava incontro alle esigenze della produzione. Ovviamente non tutto poteva però filare liscio ed il montaggio finale, a causa della scadenza del contratto con la MGM, non fu fatto dal regista viennese ma da Irving Thalberg, che comunque seguì le linee guida del Continua a leggere
L’uomo che prende gli schiaffi (He who gets slapped) – Victor Sjöström (1924)
Tradotto orribilmente con “L’uomo che prende gli schiaffi“, questa pellicola rappresenta forse il film più bello del regista svedese Sjöström, uno dei tanti che non sopravviverà al passaggio al sonoro ma che avrà modo di essere ricordato per un’importante interpretazione (all’età di 78 anni) ne “il posto delle fragole” di Bergman. Altrove ho visto il titolo tradotto con “Colui che…” ma forse è uno dei tanti casi in cui la trasposizione in un’altra lingua non rende merito all’originale. La storia è tratta dall’omonima opera di Leonid Andreyev, autore teatrale che aveva lottato per la Rivoluzione Russa, ma che non aveva mancato di rendere nota la sua avversione ai bolscevichi. Per questi dissidi politici era stato costretto a scappare in Finlandia, dove si suiciderà nel 1919. Continua a leggere