I Film italiani della Komiya Collection

Komiya

da festival.ilcinemaritrovato.it

La Komiya Collection presentata durante il Cinema Ritrovato 2021 presenta dei film magari estremamente frammentari ma di cui mi sento il bisogno di parlare per puro spirito documentario. Ne ho dunque raccolti alcuni in questo articolo contenitore in cui, vedrete, si ritrova principalmente la trama, i nomi degli interpreti notioltre a qualche piccola considerazione personale. Spesso, a causa dell’estrema brevità dei frammenti, è infatti possibile dire di più. Per la descrizione generale di cosa si tratta vi invito a leggere l’articolo scritto da Alessia Carcaterra per Cinefilia Ritrovata. Prima di iniziare tenete presente che la maggioranza dei frammenti conservati sono della Ambrosio Film questo perché, per questioni chimiche o materiali, le loro pellicole hanno resistito meglio al termpo rispetto a quelle della Cines che si sono, al contrario, deteriorate quasi del tutto. Non si tratta di un caso isolato, in altre collezioni era avvenuta la stessa cosa con pellicole Pathé e Gaumont.

Con il Re Fantasma di Ugo Falena (1914) ci troviamo in un terreno decisamente saturo di intrighi di corte unito al classico espediente da “il principe e il povero”. Il perfido Principe Carlo (Ettore Berti) spadroneggia nel regno che un giorno sarà suo dandosi a vizi di ogni tipo. Un giorno conosce Biancofiore (Lola Visconti- Brignone), che è la fidanzata del suo scudiero Demetrio (Ettore Berti) in tutto e per tutto uguale a lui, e se ne invaghisce. La ragazza è però fedele al fidanzato e rifiuta di cedere alle lusinghe ben poco signorili dell’erede al trono. Incapace di accettare il rifiuto, il Principe Carlo decide di far rapire la ragazza ma interviene dunque Demetrio che lo uccide pur di salvare l’amata dal triste destino. Come se non bastasse un cadavere reale di cui occuparsi ecco giungere la notizia della morte del Re Costanzo e della prossima proclamazione a Re di Carlo. Demetrio, vista anche la sua incredibile somiglianza con il padrone, decide dunque di prendere i panni dell’uomo che ha ucciso e inizia a regnare in maniera saggia. Biancofiore è però convinta che Carlo abbia ucciso Demetrio e lo denuncia ad un gendarme che inizia ad ordire un piano per uccidere quello che crede essere una persona inadatta al governo. Sfruttando proprio Biancofiore viene fatta un’imboscata letale al povero Demetrio che in punto di morte rivela la verità lasciando tutti senza parole.

re_fantasma

da festival.ilcinemaritrovato.it

Quello che più colpisce del film sono i colori a pochoir della copia Komiya che, pur necessitando forse un restauro, rendono più vivace la visione. Per il resto, lo abbiamo detto, la trama è piuttosto trita e ci sono delle ingenuità sia narrative che recitative che non contribuiscono a renderlo indimenticabile. La cosa che più mi ha divertito è stata la recitazione “pensierosa” di Ettore Berti mentre, portandosi a spasso il cadavere del principe ma mollandolo ogni tre passi, decideva cosa fare nei momenti di concitatezza.

Molto particolare il caso de L’odissea di Komada Kôyo (1929) che altro non è che quella celebre del 1911 della Milano Film con alla regia Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan arricchita di una cornice locale. In sostanza troviamo dei ragazzini che giocano a palla e con un aquilone ma essendoci troppo vento decidono di recarsi dal giovane zio che è celebre per raccontare storie fantastiche. Decide dunque di raccontare la storia di Ulisse (Giuseppe De Liguoro). Troviamo dunque voci fuori campo che introducono le scene. Il frammento si interrompe prima della fine. Rispetto alla versione originale le scene avevano un ordine differente ed erano tagliate. Per esempio non si vede il naufragio di Odisseo nell’isola dei Feaci, dove poi racconterà la sua storia, ma arriva direttamente dai re e Nausicaa è tagliata. La versione originale è visibile sul Vimeo della Cineteca di Milano.

Dalla Komiya Collection emergono anche due film di Augusto Genina di cui ignoro se ci siano altre copie in giro. Il primo, La fuga dei diamanti, faceva parte di un dittico assieme a La conquista dei diamanti (1915). Dai frammenti rimasti scopriamo che la protagonista, Fatma, interpretata da Juanita Cozzi Kennedy, è stata cresciuta da una persona che in realtà non era il vero padre, morto a seguito di un attacco di nativi. Prima di morire ha affidato la bimba e una scatola preziosa ad un suo amico con la promessa di crescerla. In punto di morte l’amico rivela dunque la verità ma… il contenuto della scatola, un prezioso diamante che dovrebbe servire da pegno per averne tantissimi altri messi in un luogo sicuro, viene rubato dal cugino Teny (Ugo Gracci). Parte quindi la caccia all’uomo di cui non troviamo la conclusione. L’ultima scena vede un naufragio mentre la ragazza è sulla nave c’è un incendio e conseguente naufragio. Verrà salvata dall’aiutante Alvy (Franz Sala).

fuga_diamanti

Difficile farsi un’idea del film da così poco materiale, ma intanto riporto il resto della trama preso da wikipedia e quindi non confermabile non avendolo visto personalmente:
“Fatma è costretta a diventare ballerina ed ottiene un grande successo. Il visconte D’Arville si innamora di lei e promette di aiutarla a recuperare i suoi beni. Teny attira Fatma in una trappola a Londra, ma non riesce a liberarsi di lei per l’intervento di D’Arville. I due inseguono Teny sino in America, dove egli muore cadendo in un canyon, e riescono a ritrovare i beni sottratti alla giovane”. Nel “seguito” un Teni (senza y) cerca anch’egli di rubare dei diamanti da un Visconte.

Molto più strutturato Il castello del diavolo (1913) che mi ha ricordato un Jánošik in salsa faustiana. Un uomo vende l’anima al diavolo per avere il potere e diventa così barone di un castello (l’ambientazione è il lago di Como e il castello è quello dell’Innominato manzoniano). Non avendo più un’anima, il barone non perde occasione per fare angherie alla popolazione locale. Una volta un uomo che non ha pagato totalmente il suo canone viene frustato per ogni soldo mancante e gli viene intimato di saldare entro pochi giorni. Non avendolo fatto si prende la figlia in cambio. Peccato che il fidanzato della giovane, Charles, decida di vendicarsi e, dopo aver raccolto tutti i contadini scontenti del luogo, si lancia all’assalto. Per prendere di sorpresa i soldati del barone il giovane e il suo piccolo esercito passano dal lago e scalano da lì le mura. La ragazza viene salvata e il Barone muore bruciato dalle fiamme degli inferi mentre il suo castello bruci a sua volta. Leggenda vuole che nelle notti di tempesta si sentano ancora le grida del barone nelle aree circostanti…

Il Castello del diavolo è, a mio avviso, un film molto acerbo sia dal punto di vista della fotografia che della caratterizzazione dei personaggi. Non mancano guizzi interessanti specie nella capacità di gestione delle scene di massa tra passaggi via acqua e scalate ma forse l’effetto fantasma finale con il barone trasfigurato e urlante è la chicca definitiva. Tra gli interpreti troviamo Luigi Chiesa e Antonietta Calderari.

Premettendo che ho purtroppo perso il frammento dedicato alla serie Atlas di Mario Guaita-Ausonia e Renée Deliot (1920), passiamo ai due corti di Eleuterio Ridolfi. In Finalmente soli (1915) la moglie del protagonista ospita un’amica che ha perduto il marito. A causa di questa situazione chiede ai due di non fare effusioni davanti a lei perché questo le provoca terribili sofferenze. La situazione diventa pesante nel giro di breve tempo e i due cercano di organizzare mille sotterfugi per cercare di scacciarla senza successo tra questi un tentativo di far credere la casa infestata e una finta dichiarazione dell’uomo che incredibilmente è in realtà ricambiato dall’ospite indesiderata. Proprio qui si interrompe purtroppo il frammento. In il sogno di due rondini (1913) ci sono due rondini che desiderano provare ad essere umani per una giornata e vengono accontentati, se non ricordo male, da uno gnomo magico. La vita di città, piena di malvagità e vizi, non è però adatta a loro e così, dopo aver liberato uccellini in gabbia, rubato le munizioni a un cacciatore e bevuto a sazietà in un ballo in maschera, la giornata finalmente finisce e le due rondini tornano felicemente alla loro vita di sempre. Questa comica è piuttosto naïve nella sua strutturazione e nel creare le gag, immagino ci sia una sorta di messaggio naturalistico e di critica sociale ma è sinceramente piuttosto mal riuscito. In entrambi i film troviamo Gigetta Morano al fianco di Ridolfi.

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da festival.ilcinemaritrovato.it

Passiamo ora a un film che non ha ancora titolo ovvero il frammento n. 6383 della Ambrosio con Mary Cléo Tarlarini e Febo Mari. La cosa strana è che Febo Mari non è che abbia fatto molti film eppure non si capisce quale possa essere questo nello specifico. La trama vede Febo Mari interpretare un operaio buono (Peter nella traduzione inglese) che per aver difeso un apprendista viene licenziato dal padrone che per vendetta manda anche una lettera che invita i suoi colleghi a non assumerlo. Diventa quindi, quasi senza rendersene bene conto, complice del suo ex vicino di casa un malvivente di nome Gifo (o qualcosa di simile). Quest’ultimo è per altro sposato con Rosina, una brava ragazza che costringe anche a prostituirsi. Una delle immagini più forti è quando Peter interviene a difendere Rosina da un cliente che cerca di abusare di lei. La Tarlarini interpreta invece una donna di cui non ho ben capito il ruolo, credo si sia arricchita contribuendo in parte alle attività illecite del Gifo ma in realtà quando lui fa un furto alla banca lei lo ripudia quindi forse non è proprio così. Il frammento termina con Gifo che con un coltello in mano sta per scaraventarsi contro Peter reo, secondo lui, di avere una storia con la moglie.

Tra tutti i figli della Komiya questo frammento è probabilmente stato il più interessante e articolato anche se i personaggi sono piuttosto piatti e macchiettistici. Interessante comunque l’interesse naturalista per la vita dei bassifondi legata presumibilmente ad una catena distruttiva che immagino possa avere come vittima Rosina o il personaggio interpretato dalla Tarlarini prima della fine del film. Qualora riusciste a ritrovarlo siete pregati ovviamente di segnalarlo.

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Uno dei frammenti è stato invece facilmente riconosciuto anche grazie all’aiuto della sezione dedicata al Cinema Muto Italiano di Bianco e Nero. Si tratta del frammento 5587 indicato come “Film della Ambrosio con Mario Voller Buzzi” che sarebbe in realtà Se Fossi Re! di Edoardo Bencivenga (1912) con Gigetto Mantero (il pastorello), Cesare Zocchi, sig.ra Martinengo. Riporto da Bianco e Nero la sinossi (a sua volta estratta da un articolo di New York):

Un pastorello, dopo essersi incontrato con la sua ragazza, sdraiatosi all’ombra delle felci, si addormenta in mezzo ai fiori campestri e sogna di trovarsi in un luogo fantastico: un proclama avverte che il re è morto e che il primo uomo che passerà la frontiera sarà il nuovo re. È il pastorello a essere scelto ed egli si trova rivestito con gli abiti regali. Ma il giovane non sa niente della corte e non conosce nemmeno le buone maniere, e a tavola deve farsele insegnare dai cortigiani. Tutta la corte si diverte alle sue spalle. Invano egli protesta quando gli viene scelta la fidanzata senza prima consultarlo; e quando la vede in faccia scappa precipitosamente. Alla fine viene incoronato dai dignitari di corte. A un certo punto viene assalito da uomini armati di spade e finalmente si sveglia: è la sua ragazza con gli amici che lo ha riscosso” (“The New York Dramatic Mirrar”, New York, June 19, 1912)

Dalla trama riportata tutto tornerebbe con quanto visto in sala e l’attribuzione a Voller Buzzi sarebbe dunque errata.

Segnalo la proiezione anche di un frammento de La Signora delle Camelie di Gustavo Serena (1915) che è comunque visibile e reperibile su internet quindi non gli dedico spazio. Si tratta di un inserimento interessante se visto in parallelo con Camille con Rodolfo Valentino e la Nazimova (1921) quindi eventualmente ne parlerò in quell’articolo.

Termina così questa lunga carrellata dedicata al cinema italiano nella Komiya Collection almeno per quanto visto nel corso del Cinema Ritrovato 2021. Spero sia stata utile e interessante in particolare per chi non c’è stato e voleva farsi un’idea di cosa contenessero quelle bobine che difficilmente avremo occasione di rivedere in futuro.

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