Il caro vecchio E Muto Fu è fatto di tante contraddizioni ed eccentricità. Abbiamo quasi tutta la produzione cinematografica ceca recensita ma neanche un film di Chaplin e cerchiamo sempre di scovare filmografie periferiche e nascoste tralasciando tantissimi grandi classici. Da tempo immemore, ormai, mi ripromettevo di visionare e recensire il cardine della produzione muta boliviana, l’ormai per me mitico Wara Wara, ma aspettavo il momento propizio. La quarantena forzata è stata la molla per spingermi a vederlo con la compagnia virtuale di Danilo Magno con cui sto condividendo tantissime visioni interessanti in questo periodo. Che dire di questo film? Prima di tutto un nome: José María Velasco Maidana un artista davvero poliedrico che con la sua passione ha messo su un film che sicuramente non lascia indifferenti. Compositore, pittore, ballerino, direttore d’orchestra e regista. A ulteriore dimostrazione della sua versatilità in Wara Wara non solo dirige dirige ma recita e cura la musica, la produzione e in parte anche fotografia e sceneggiatura, quest’ultima basata su “la voz de la quena” opera teatrale di Antonio Diaz Villamil. Ma fare tante cose non vuol dire per forza saperle fare bene e le conclusioni le trarremo a breve, andiamo prima a riassumere brevemente la trama:
Il film riprende un po’ le tematiche stile Pocahontas: siamo intorno al 1530 quando l’ultimo sovrano Inca Atahualpa viene catturato dai conquistadores. Le comunità locali cercano di raccogliere l’oro necessario per riscattare il loro sovrano Continua a leggere