Lo abbiamo scoperto qualche anno fa il cinema muto coreano e la sua straordinaria capacità di sopravvivere al tempo grazie alla presenza dei byeonsa e della loro tradizione di accompagnare i film con la loro cantilena ritmata. Immaginate ora di avere un film senza però l’audio e dover cercare di ricostruire, a fronte di immagini stupende, quanto sta succedendo. L’inizio è davvero molto interessante con delle specie di piani sequenza fatti con macchina da presa in movimento che seguono diversi lavoratori e personaggi le cui vite si incrociano. Questo incrocio viene poi ripreso nel cercare di raccontare la storia di alcuni personaggi che solo tramite siti esterni come koreanfilm ho potuto ricostruire. Continua a leggere
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Il Pubblico Ministero e l’Insegnante (Geomsa-wa yeoseonsaeng – 검사와 여선생) – Yun Dae-ryong (1948)
Il film Geomsa-wa yeoseonsaeng mi affascina per due motivi distinti che però sono cardinali all’interno del film. Da una parte, da insegnante, la trama di fondo. Tutto ruota intorno alla vita di una maestra che, grazie alla sua umanità, cambia di fatto la vita a tante persone. Dall’altra, da classicista, ho trovato prima destabilizzante e poi estremamente interessante la narrazione a voce portata avanti dal Byeonsa Sin Chul. Per chi, come me fino a poche ore fa, non sapesse cosa sono, i Byeonsa sono di fatto dei narratori di film che accompagnavano con i loro commenti e con dialoghi quello che stava avvenendo su schermo. Nel farlo, però, Sin Chul assume un tono di voce cantilenante che permette di godere del film anche senza una musica di accompagnamento a cui siamo solitamente abituati. Dov’è il fascino? Non so, per certi versi mi sono sentito a casa, perché la narrazione “litanizzante” mi ha ricordato Continua a leggere
Nel paese del caldo mattino (Im Lande der Morgenstille – Goyohan achim-ui nala-eseo – 고요한 아침의 나라 ) – Norbert Weber (1925)
Non sono un grande appassionato di documentari muti, eppure questo, per qualche strana ragione, mi ha attratto fin da subito, forse perché ha un’anima molto attuale, almeno nella prima parte. Il regista, Padre Norbert Weber, era un missionario benedettino che era andato in Corea per portare la cristianità nella penisola asiatica. Nel farlo, decide per qualche motivo che potrebbe essere interessante riprendere le usanze culturali del paese e poi mostrare quello che loro stavano facendo lì. Lo spirito delle riprese è contenuto in due didascalie: “il missionario è uno straniero che deve imparare a capire le persone per poter diventare un tutt’uno con loro”. Per certi versi la sua è una forma mentis simile a quella degli antropologi, che cercano di vedere le caratteristiche del popolo che stanno studiando immergendosi nella loro cultura e vivendo con loro. Continua a leggere